La nascita e l’ascesa dell’assenzio

La leggenda narra che il Dr. Pierre Ordinaire, residente e praticante nella regione della Val de Travers in Svizzera, abbia inventato un tonico, o panacea, a base di artemisia absinthium ed altre erbe officinali più o meno tipiche della zona. Le radici dell’assenzio affondano quindi nella medicina dell’epoca, nella convinzione che si potessero creare tonici in grado di guarire tutte le malattie. Alla morte del Dr. Ordinaire la ricetta passò nelle mani delle sorelle Henriod di Couvet, che continuarono la sua produzione in modo casalingo e coltivando di persona nel loro giardino le erbe officinali necessarie. Questa leggenda ovviamente contiene alcuni elementi di verità e altri non proprio accurati dal punto di vista storico. Di recentemente infatti, due storici svizzeri hanno pubblicato i risultati di alcuni anni di ricerca in archivi e documenti d’epoca in Svizzera che raccontano una storia un poco diversa per quanto riguarda gli attori principali e le date.

Quello che è sicuro è che questo elisir a base di artemisia absinthium iniziò ad essere apprezzato non solo per le sue presunte proprietà curative, ma anche per il sapore gradevole. Fu a questo punto che il Maggiore Dubied e il suo genero Henri-Luis Pernod acquistarono la ricetta ed iniziarono la produzione dell’elisir in un minuscolo locale (8 metri in lunghezza per 4 metri in larghezza) a Couvet nel 1797.
Lentamente però, l’assenzio iniziava ad avere una maggiore diffusione nella zona e nel 1805 Luis Pernod decise di aprire una distilleria nella vicina cittadina di Pontarlier, in Francia, per evitare le pesanti tasse imposte dal governo svizzero. Fu così che nacque in Pontarlier l’azienda Pernod Fils, con all’inizio una limitatissima capacità di produzione pari a 16 litri al giorno, ma che sarebbe stata destinata ad un enorme successo commerciale e ad una vertiginosa espansione.
Determinante per la diffusione e trasformazione dell’assenzio da medicinale ad aperitivo è stato il l’apporto dell’esercito francese durante le campagne in nord Africa nel 1840.
Il distillato a base di assenzio del Jura francese veniva distribuito ai soldati con la convinzione che potesse preservarli dalle malattie che li decimavano, ed essi lo utilizzavano anche per purificare l’acqua dei pozzi prima di ingerirla. Da qui tra l’altro probabilmente nacque la tradizione di diluire l’assenzio con l’acqua e ci sono testimonianze storiche riguardo metodi di preparazione dell’assenzio che prevedono di versare l’assenzio nell’acqua e non viceversa, probabilmente retaggio di questo genere di utilizzo. L’assenzio è stato usato da tempo immemore come vermifugo e studi recenti sembrano supportare l’ipotesi che l’assenzio abbia anche una certa efficacia contro la malaria, quindi si può capire come l’uso di assenzio fosse non solo semplice scaramanzia.
Quando i soldati francesi tornarono in patria, non poterono fare a meno di portare con sé la passione (e probabilmente il vizio) di questo alcolico, insieme all’abitudine di prepararlo diluito con acqua ghiacciata. In questo modo l’assenzio aveva compiuto la sua trasformazione e ben poco rimaneva del medicinale, essendosi tramutato in un gradevole aperitivo, bevuto tra le 17 e le 19 all’uscita dal lavoro, in quella che venne ribattezzata “l’ora verde”.

Rapidamente il liquore verde iniziò ad acquisire estimatori tra il popolo parigino, e tra gli artisti in particolare (Verlaine, Rimbaud, Manet, Tolouse-Lautrec, Ponchon, solo per citarne alcuni).
Spesso viene veicolata l’immagine dell’assenzio amato dagli artisti in quanto in grado di stimolare la creatività; la realtà è che l’assenzio diventò il liquore preferito dagli artisti perché era molto meno costoso degli altri alcolici come cognac, armagnac e in alcuni casi dello stesso vino, e gli artisti, si sa, sono sempre stati poveri.

Dopo aver conquistato gli artisti e le classi operaie, venne il turno della borghesia, in costante ascesa nell’800, che disprezzava gli artisti bollandoli come scansafatiche, persone inutili (vedasi dizionario dei luoghi comuni di Flaubert), ma segretamente li invidiava e cercava di imitarli in ogni modo. Quando gli artisti iniziarono a bere assenzio, i borghesi non persero l’occasione di imitarli. Inoltre l’assenzio, che grazie agli artisti si era guadagnato un’aura di ribellione, di bevanda per gente “non perbene” e quindi molto di moda, divenne diffuso anche tra le donne emancipate, le “bas-bleue” dell’epoca.
Ecco quindi che guadagnandosi il plauso di tutte le classi sociali tranne quella ricca e nobiliare (che potendoselo permettere restava affezionata al cognac, armagnac, e simili), il consumo di assenzio conobbe una crescita smisurata verso fine secolo, passando tra il 1876 ed il 1900 da un milione di litri l’anno a 21 milioni di litri nella sola Francia, 7 dei quali prodotti dalle 22 distillerie della cittadina di Pontarlier, divenuta ormai il centro della produzione di assenzio mondiale.

Il bando

Con l’alcolismo imperversante e fuori controllo, il governo francese aveva bisogno di un capro espiatorio e l’assenzio, essendo l’alcolico più diffuso e allo stesso tempo osteggiato dalle lobby dei produttori di vino e distillatori di cognac che avevano perso preziose quote di mercato, sembrava la vittima ideale.
Inoltre la diffusione a Parigi, insieme ad una domanda esorbitante ed alla richiesta di prezzi sempre più bassi, aveva portato molti produttori senza scrupoli a realizzare assenzio con metodi discutibili, che andavano dalla produzione per olii essenziali e coloranti artificiali, all’aggiunta di solfato di rame per migliorare il colore e tricloruro di antimonio per simulare il louche; per non parlare dell’utilizzo di alcool di base non rettificato e quindi con alte percentuali di metanolo e altri alcoli pericolosi. La presenza di questi prodotti, che di certo causava gravi danni fisici ai bevitori, non giovava di certo alla già tetra reputazione che l’assenzio stava acquisendo.
Iniziò quindi una feroce propaganda contro l’assenzio, promossa dal governo ed appoggiata (probabilmente finanziata) dalle lobby di vino e cognac.
All’assenzio vennero attributi mali di ogni genere: pazzia, omicidi, degrado sociale, sconfitte dell’esercito francese, etc. Sulla base di questi presupposti il dottor Magnan, convinto che l’assenzio fosse responsabile del degrado della razza francese, condusse studi tendenziosi volti a dimostrare la tossicità dell’assenzio. Poco importava che con la concentrazione presente in media nell’assenzio fosse necessario ingerire 150 bicchieri per raggiungere tali livelli e che la morte per coma etilico sarebbe sopraggiunta molto prima. Il capro espiatorio era stato trovato e la campagna anti assenzio poteva ora vantare anche delle presunte basi scientifiche. Tossicità venne anche riscontrata nei confronti di anetolo, fenitolo e pinocanfone, composti chimici presenti rispettivamente nell’anice, finocchio e issopo. La cosa non deve sorprendere perché quasi qualunque olio essenziale ottenuto da erbe officinali è potenzialmente tossico, in quanto è una forma estremamente concentrata. Bandire piante come l’anice, il finocchio e l’issopo, utilizzate da secoli nella liquoristeria, pasticceria, e profumeria, era impossibile e per questo l’attenzione venne spostata sull’artemisia absinthium (presente solo in pochi amari ed in basso quantitativo nei vermuth) e sul tujone.
In questo clima esplosivo mancava solamente che qualcuno accendesse la miccia e questo avvenne nel 1905, quando un contadino svizzero, tale Jean Lanfray, dopo aver bevuto più di due litri di vino, una crema di menta, vari bicchieri di brandy e caffè corretto con cognac, e due bicchieri d’assenzio, tornato a casa sterminò la famiglia. A dispetto del quantitativo folle di alcool che aveva consumato, la colpa venne data ai due bicchieri di assenzio e la svizzera nel 1910 mise al bando l’assenzio, seguita dagli altri paesi: USA nel 1912, Francia nel 1915, e Italia nel 1939.

L’assenzio non venne invece bandito in Spagna, Portogallo, Inghilterra ed Est Europa, perché in tali paesi il consumo era molto ridotto.