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L’intervista di oggi è molto “intrigante” e complessa.
Non tutti forse conoscono le sigarette Yesmoke nate dall’iniziativa e dal lavoro di due fratelli Carlo e Gianpaolo Messina.

In breve la loro storia che potete approfondire leggendo il loro blog:
aprono legalmente una tabaccheria on-line in Svizzera nel 1999, vendono le sigarette principalmente nel mercato Americano ma la Phillip Morris li ostacola in maniera molto “discutibile” e violenta facendo chiudere la loro attività nel 2004.
In breve tempo reagiscono al colpo e, nel 2007, iniziano a produrre un loro marchio di bionde.
La loro Mission è “La Yesmoke va oltre la concorrenza a Big Tobacco, perché è una nave da guerra pronta a destinare tutte le sue risorse al danneggiamento finanziario del cartello dei produttori di sigarette, a beneficio della collettività. Il fine è estirpare il bubbone Big Tobacco dalla società.”

Affrontare adesso in questo spazio la questione della lotta contro le lobby del tabacco è troppo complessa, lo rimandiamo magari alla prossima intervista.
Ora sono interessato a conoscere meglio l’azienda di oggi.

Salve Gianpaolo, grazie per la disponibilità. Ti va di presentarti sia come persona che come imprenditore?
Quello che siamo io e mio fratello come imprenditori e come persone si vede nella Mission dell’azienda. Il nostro fine è fare dei progetti interessanti indipendentemente dal profitto.

Adesso una domanda banale ma che molti fumatori non sanno perché non hanno mai visitato una fabbrica di sigarette: come si fanno le sigarette? Dove prendete il tabacco? Quale tabacco usate? 
Noi facciamo tutto, dal trattamento dei tabacchi alla produzione delle sigarette, facendo in proprio anche i filtri. Utilizziamo macchine italiane, della Garbuio di Treviso per il trattamento dei tabacchi, e della GD di Bologna per le sigarette, queste ultime con una capacità produttiva di 12mila sigarette al minuto ciascuna, le stesse macchine utilizzate dalla maggiori multinazionali. Purtroppo i tabacchi delle sigarette non possono essere solo tabacchi italiani, come in molti ci chiedono. Noi utilizziamo tabacchi provenienti da 7 paesi diversi: Brasile, USA, Zimbawe, Turchia, Malawi, Argentina e Italia. Il tabacco, infatti, tende a cambiare le sue caratteristiche da raccolto a raccolto, e una sigaretta di solo tabacco italiano non sarebbe stabile come sapore e livello di nicotina, e oggi il fumatore esige sempre la stessa sigaretta. Chi dichiara di utilizzare solo tabacchi italiani molto probabilmente dice il falso. I tipi di tabacchi che usiamo sono 3: Virginia, Burley e Orientale, che costituiscono il cosiddetto “American blend”, quella che una volta si definiva sigaretta americana. Oggi la sigaretta americana ha vinto, e in Italia il fumatore vuole solo più sigarette fatte con la miscela “American blend”.

Quali sono le principali difficoltà nella lavorazione prima del tabacco e poi della sigaretta? 
Non ci sono particolari difficoltà nella lavorazione del tabacco. La base è, ovviamente, un buon tabacco, i macchinari più moderni, seguire le procedure ideali rispettando i tempi, e avere il giusto mix di ingredienti della miscela. Le maggiori difficoltà sono nella produzione della sigaretta, dove occorre un continuo e attento controllo della qualità, e soprattutto nel filtro, che produciamo noi, la cui densità viene controllata continuamente dal laboratorio. Il giusto bilanciamento del filtro è la parte più importante: un filtro poco denso, dove passa troppa aria, non va bene, ma la cosa peggiore, che rovina la sigaretta, è un filtro troppo denso che rende faticosa l’aspirazione. Il filtro sbagliato è l’errore più frequente nelle sigarette false, che di solito vengono prodotte in modo sbrigartivo e senza i controlli qualità.

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Le Yesmoke si differenziano in qualità dalle altre sigarette, in particolar modo dalla Philip Morris? 

Sostanzialmente le Yesmoke sono uguali alle sigarette delle maggiori multinazionali. I macchinari utilizzati e i materiali, come carta, colle, acetato per fare i filtri sono gli stessi, i tabacchi sono acquistati sul medesimo mercato. Per essere sicuri di fare una buona sigaretta abbiamo investito molto sulla qualità dei tabacchi, e penso che Philip Morris abbia le capacità e le competenze per ottenere una buona sigaretta spendendo un po’ meno di noi nei tabacchi. Una piccola differenza c’è: la Yesmoke si impegna nel ridurre l’ammoniaca naturalmente presente nel tabacco (l’ammoniaca accentua la dipendenza al prodotto) con una tostatura prolungata del tabacco Burley, quello più ricco di ammoniaca naturale. Il risultato è una sigaretta con il livello di ammoniaca un po’ più basso, ma non così marcato da poter dire che faccia meno male delle altre.

Qual’è il vostro principale mercato di vendita, l’Italia o l’estero? 
Il nostro principale mercato è l’Italia. All’estero vendiamo in Corea del Nord, in Ucraina, e in Iran. Quantitativi più modesti vanno in Corea del Sud, Giappone. In Francia e Spagna stiamo per iniziare a dar battaglia e a replicare la medesima guerra dei prezzi scatenata da noi in Italia. Il mercato estero è la nostra salvezza, perché i proventi che arrivano da questo mercato ci permettono di crescere anche vendendo in Italia a 3.80 euro. Abbiamo un ufficio a Berlino che si occupa dell’export, ad eccezione di quello verso la Corea del Nord che è gestito da Settimo Torinese.

Siete gli unici ad avere una voce fuori dal coro e che si sono esposti così tanto contro le lobby del tabacco. Qualcuno vi ascolta o vi aiuta? 
In questi anni abbiamo parlato con molti politici di tutti gli schieramenti, e tutti, a parole, hanno condiviso le nostre battaglie, ma al momento di agire quelli che erano in posizione per fare qualcosa sono regolarmente spariti. La liberalizzazione dei prezzi è stata voluta dall’UE, se fosse per i nostri politici sarebbe ancora tutto come prima, o saremmo al “prezzo unico” delle sigarette a 5 euro, come le Marlboro. Per nostra fortuna c’è l’Europa, che potrà piacere o non piacere, ma a noi è servita. Infatti è l’UE che ha “messo in riga” l’Italia con l’abolizione del prezzo minimo delle sigarette, e solo grazie all’UE il mercato italiano è stato liberalizzato e le Yesmoke sono a € 3.80. Oggi noi diciamo ai politici che è il momento ideale per riportare su i prezzi aumentando le tasse, una ricetta con la quale aumentare le entrate fiscali di oltre un miliardo all’anno. Ci danno ragione, ma sappiamo che non faranno niente.

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Siete gli unici ad aver intrapreso questa lotta contro le lobby? e soprattutto, qual’è il vostro obiettivo ultimo? Farli chiudere? 
Siamo bravi, ma non al punto di essere capaci a farli chiudere! E’ vero che Big Tobacco ha costi elevati e non può reggere un calo delle quote di mercato, ma è anche in fase di espansione nei paesi del terzo mondo, dove una nutrita schiera di “giovani fumatori adulti” (così vengono definiti tecnicamente i fumatori minorenni) è in attesa di essere educata a fumare Marlboro, e a mantenere numerosa la popolazione dei fumatori. Big Tobacco è un’erba difficile, forse impossibile da estirpare. Noi contrastiamo i metodi scorretti di queste aziende, e i politici lobbisti che le appoggiano. Ci accontenteremmo di vederli rispettare la legge e pagare le tasse.

Perché non pagano le tasse? Come fanno a evadere il fisco? 
Produrre un pacchetto di Marlboro non costa più di 12 centesimi, Philip Morris lo vende a 71 centesimi, con un utile che si avvicina al 600%. Ma Philip Morris fa produrre tutto all’estero da un’altra società, gonfia i costi di acquisto e determina un profitto insignificante, che comporta il pagamento di due spiccioli simbolici di tasse. Japan Tobacco produce le sue Camel fuori dall’Italia e una società straniera collegata, con sede in Olanda, le vende direttamente sul mercato italiano senza neanche fare la denuncia dei redditi. Negli anni passati Big Tobacco ha beneficiato, nel più assoluto silenzio, del più grande sconto fiscale della storia, paragonabile solo a quello dei 95 miliardi di euro delle slot machines: il 21 dicembre 2001 la Suprema Corte di cassazione aveva stabilito che il totale dell’evasione fiscale di Philip Morris in Italia ammontava a 120mila miliardi delle vecchie lire (pari a circa 60 miliardi di euro) sottratti nel corso degli anni ad ogni forma di imposizione, diretta e indiretta. Nel 2004 i 120 mila miliardi che Philip Morris avrebbe dovuto pagare saranno scontati a meno di un miliardo di euro (anziché 60), rateizzati in 10 anni senza interessi, per mettere una pietra sopra a tutto il passato di contrabbando ed evasione fiscale in tutta l’UE, inclusa l’Italia. Perché così poco?

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Cosa ne pensi delle sigarette elettroniche? E’ un mercato dove volete entrare? 
Ci avevamo fatto un pensierino, volevamo migliorare la sigaretta elettronica, ma oggi siamo troppo concentrati sulla vendita a 3.80 euro. L’aerosol di nicotina sintetica e aromi artificiali non può essere un punto di arrivo, sia perché non è buono, sia perché è inaccettabile per il consumatore. La sigaretta elettronica ha le possibilità per sfondare perché è un dispenser di nicotina, ma questo potrebbe accadere solo quando il vero tabacco sarà l’ingrediente base. L’entusiasmo di chi  prova per la prima volta la nicotina sintetica con gli aromi artificiali non deve trarre in inganno: il fumatore, sorpreso dalla «botta» di nicotina, non promuove la sigaretta ma il dispenser di nicotina. In realtà come sapore vi è una sorprendente somiglianza con le sigarette taroccate o le sigarette spazzatura che girano nei paesi del terzo mondo, fatte con tabacchi scadenti, che sarebbero infumabili se non venissero corretti con quantità industriali di additivi. E la sigaretta elettronica contiene solamente additivi. Infatti a qualunque esperto assaggiatore di tabacchi ricorda le sigarette taroccate o le sigarette per il terzo mondo, l’assaggiatore non scommetterebbe un euro su una sigaretta con queste caratteristiche. Secondo noi la sigaretta elettronica è il terreno sul quale dovrebbero darsi battaglia i produttori di sigarette, che dispongono del vero tabacco e della possibilità di sperimentare, invece le ricariche oggi sono prodotte da aziende cinesi specializzate in additivi per l’industria alimentare. A noi piacerebbe una sigaretta elettronica per vaporizzare vero estratto di tabacco, cioè “rivoluzionaria”, è l’unico caso in cui potremmo scendere in campo. Vedremo, siamo sempre in tempo per provarci!

yesmoke-pack-20-cigarettesQuali sono i vostri prossimi obiettivi di business? Volete espandervi? 
Ovviamente vogliamo crescere in continuazione e acquisire quote di mercato. Stiamo acquistando nuove macchine e valutando come e dove ampliare lo stabilimento, o se crearne uno nuovo. Lavoriamo per potenziare la produzione e far fronte alle richieste future, in crescita sia in Italia che nell’export. Da poco abbiamo iniziato le procedure per accedere al mercato spagnolo e francese, dove ci apprestiamo a replicare quanto fatto in Italia: dare battaglia sul piano legale e dare il via alla guerra dei prezzi. In questi due paesi Big Tobacco è ormai condannato a quella “primavera” del mercato dei tabacchi che abbiamo già visto in Italia, che ha costretto tutti i produttori e ridurre i prezzi, e Philip Morris a scendere di ben 60 centesimi in una volta con le Chesterfield.

Un tuo sogno nel cassetto per Yesmoke? 
…senza guardar troppo lontano nel tempo, speriamo che succeda qualcosa e che si parli di noi su un organo di informazione, o un programma televisivo nazionale di primo piano, così la gente scopre che esistiamo e che costiamo 3.80, e noi ci prendiamo il 5% del mercato in 2 o 3 giorni.

Grazie per il tempo dedicato all’intervista, saluta i nostri lettori! 
Speriamo che apprezzino le nostre battaglie, e magari anche le nostre sigarette!

 

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