aniello

Nella prima parte di questo racconto si è parlato di Toscani, un sigaro i cui aromi impregnano i nostri ricordi dell’infanzia.
Quando si parla di sigari caraibici, invece, vibrano corde del nostro animo che producono suoni nuovi per noi.
Questi sigari non fanno parte della nostra cultura nel modo più assoluto. Li si è visti le prime volte, masticati, tra i denti di famosi attori in vecchi film americani, quasi sempre gangster o petrolieri straricchi. Decisamente un simbolo di potere.
Ritorniamo al racconto e proviamo a fornire gli elementi base per una corretta fruizione di questo rotolo di tabacco. Già, perché a differenza del Toscano, i caraibici sono meno tolleranti nei confronti degli errori commessi dai fumatori poco attenti.
Questa volta incontriamo il nostro eroe mentre esce da quel luogo di perdizione con due sigari in tasca. Cubani. Ovviamente.
Nel prossimo racconto si cimenterà con altro prodotto caraibico.

Eccolo lì… ha trascorso più di un’ora nel negozio. Ha acquistato un Piramide di Partagas, scelto per coronare il pranzo della domenica successiva ed un Robusto di Bolivar, da fumare mentre le scarpe lo riaccompagnano a casa. Con quei due sigari in tasca ha uno stato d’animo rinnovato. È felice.
Si ferma un secondo, appena varcata la soglia. Si guarda intorno e prende verso destra, anche se casa sua si trova dalla parte opposta. Dentro, davanti a quelle vetrinette nulla è stato razionale nei suoi ragionamenti, perché dovrebbe esserlo il ritorno a casa?
Sa che la strada si allungherà, ma in questo modo avrà più tempo per fumare il sigaro. Dopo qualche passo gli viene in mente quella piazzetta poco lontano, dove c’è la sua panchina preferita, che, a parte il muro con una scritta oscena a vernice rossa, ricorda tanto i giardinetti di Montmatre.

Due passi ed è lì. La panchina è vuota, non ci sono i soliti vecchietti a fumar pipa. L’umidità ed il cielo coperto li avrà forzati a non uscire. Meglio. Questo pensiero suscita in lui un sentimento di gratitudine per una giornata grigia… Si siede e srotola il bordo del sacchettino di carta con il logo della tabaccheria. Che nome del cazzo!
Si lascia andare sulla panchina di peso, quasi avesse percorso di corsa quel breve tratto di strada. Sfila i sigari e li lascia girare tra le dita. Prima il Piramide che non fumerà ora. Lo tratta quasi fosse una reliquia tra le mani di una pia donna devota, anche se una reliquia di questa forma indurrebbe a men devoti pensieri la pia donna!
Ripone il sigaro dalla fascetta rossa e sfila il sigaro che fumerà. Tra le dita sembra velluto, è morbido, spera non si rovini mentre lo ammira. Guarda la fascetta avvolta stretta con il volto del condottiero venezuelano. Chissà come avrebbe reagito se gli avessero detto in vita che un suo ritratto sarebbe finito su un sigaro.

Si concentra e prova a ricordare i consigli che ha letto, scritti da qualcuno in qualche parte nel mondo, usando il suo computer. Gira il sigaro per sentire l’odore che esce dal piede. Erba bagnata. Cavolo è figo!
Porta il sigaro alla bocca e lo fa girare per ammorbidirlo, affinché non si rovini con il taglio.
Un gesto nervoso interrompe la sequenza di gesti rituali.
Si ferma.
Poi, lentamente, tira fuori dalla tasca del pesante giaccone l’astuccio con l’attrezzatura del fumatore provetto.
È costata un occhio. Lo apre disponendo in bella mostra, al suo fianco sulla panchina, la taglierina a doppia lama, poi il puncher, l’accendino a fiamma dolce e quello antivento.
I suoi pensieri iniziano a vorticare intorno al taglio e all’accensione.
Con cosa inizio? Se il puncher è davvero difficile come dicono rischio di spaccare la testa del sigaro. Dovrò usare attenzione, far girare lentamente la lama circolare dando una leggera pressione, mentre il sigaro deve restare fermo. Non occorre che il foro iniziale sia grande, posso sempre allargarlo dopo con la taglierina. No,  vado subito di taglierina così non rischio di rovinare il sigaro. Per imparare ad usare il puncher c’è sempre tempo.”
Posiziona il sigaro in maniera perpendicolare rispetto alla ghigliottina. Appoggia le lame in modo che vadano ad incidere nella zona interna del dischetto di chiusura del sigaro e zac! Un colpo secco.

Ora l’accensione. L’accendino a fiamma dolce, quello classico, è l’ideale, ma all’aperto si rischia che un po’ di vento faccia ballare la fiamma, rovinando la fascia del sigaro. Meglio usare l’antivento, facendo attenzione a non avvicinare troppo la fiamma per non rovinare il sigaro. Rotea l’accendino in modo che la fiamma non insista sempre sullo stesso punto ed il braciere sia uniforme.
Già, è una parola. Qui il tabacco ha preso a chiazze come posso fare per uniformarlo? Certo, certo. Devo soffiare leggermente finché il rosso non assume la stessa tonalità su tutta la superficie.

Ecco è pronto per portarlo alle labbra.

Vediamo. Devo aspirare lentamente e aspettare un minuto tra un’aspirazione e l’altra. L’esperienza dovrebbe portarmi a sentire il ritmo della fumata e non guardare più l’orologio. Il fumo pizzica leggermente la lingua, spero passi presto. Mi viene in mente la differenza tra una fumata umida ed una asciutta. La prima si ha quando il sigaro si lascia tra le labbra anche se non si tira, questo tende ad assorbire saliva, si inzuppa, si sfalda e non è bellissimo a vedersi, ma c’è chi lo ama così. Il tiraggio può diviene più difficile e la fumata amara. Nel secondo caso la testa del sigaro resta come quando la si è forata. Intatta, asciutta.
Intanto continuo a fumare, il pizzicore non è scomparso e la fumata è amara. Non so cos’abbia questo sigaro. Non sto fumando velocemente, né con potenza, ma non vi è alcun piacere, anzi, da fastidio allo stomaco e gira un po’ la testa.

Il tabacco cubano è il migliore al mondo. Almeno così diceva Davidoff, più di un mezzo secolo fa. Da allora molte cose sono cambiate. I semi utilizzati non sono più gli stessi, le piante crescono ad una distanza minore. I tempi di stagionatura si sono notevolmente ridotti.  Non si ha più la stessa attenzione nel realizzarli, vengono immessi sul mercato in tempi rapidi e la cosa crea non pochi problemi ai fumatori appassionati, almeno a quelli ignari di alcune accortezze.

Per godersi un buon sigaro cubano non basta accenderlo e trarne fumo. Il nostro eroe è scappato prima che il tabaccaio gli fornisse qualche consiglio, sempre che il tabaccaio fosse a conoscenza dei giusti consigli da dare ad un neofita. Avrebbe potuto capire dall’odore del piede che il sigaro non era pronto, sentire tra le dita che era umido. Ma per capire queste cose occorre l’esperienza e questa la si affina con simili errori.
Ha acquistato i sigari senza nemmeno guardare la data sotto la scatola. È un dettaglio importante!

Ai tempi di Davidoff, ma forse anche per un po’ di anni dopo, i sigari venivano lasciati respirare per molto più tempo in grandi sale, le escaparate, prima di essere rinchiusi in scatole di legno ed essere spedite in giro per il mondo.  Cosa comporta questa fretta? Habanos S.A. sicuramente non immobilizza capitali ma gli appassionati si ritrovano tra le mani dei sigari che non hanno rilasciato tutta l’umidità che racchiudono, visto che per essere lavorate alcune foglie vengono umidificate.
Questo Capitalismo!

Sapete  cosa può accadere ad un mazzetto di sigari, inscatolati umidi, che partono da Cuba per arrivare in Europa? Iniziano a fermentare (ovvero continuano la fermentazione che non ha avuto sufficiente tempo, sebbene con intensità minore), a produrre sostanze sgradevoli tipo l’ammoniaca. Sostanze che hanno bisogno di tempo per essere smaltite e che aspirate, durante la fumata, inducono nausea e giramenti di testa. Ovviamente i sapori e gli aromi non sono assolutamente quelli che ci si aspetta da un sigaro di quella fama.

Forse il sigaro fumato dal nostro eroe era troppo giovane. Spesso in commercio si trovano sigari con meno di un anno, forse il tabaccaio lo conservava ad una umidità eccessiva e occorreva farlo riposare in un ambiente un po’ più asciutto prima di fumarlo.

Sapete cosa sono costretti a fare molti appassionati? Acquistare scatole intere e conservarle per anni. In questo modo si supera il periodo noto come “sick period”, durante il quale riprendono reazioni chimiche che una stagionatura breve ha lasciato precocemente incomplete. Ma non solo. Queste foglie unite per formare un sigaro si amalgamano tra di loro dando vita a componenti aromatiche di qualità superiore e ne fuoriesce un prodotto capace di fornire fumate paradisiache.
Nel passato tutto questo si lasciava che accadesse a Cuba e per il mondo si trovavano prodotti che una volta accesi avvicinavano a quegli dei che sorridevano ai Tainos. Almeno prima che ad un genovese venisse in mente di ripetere quel gesto che da neonato compiva nel sonno.
Girarsi sul lato destro voltandosi a sinistra.