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L’idea dell’armadio porta pipe era in me da qualche anno, già dal 2006 quando iniziai a conservare le vecchie confezioni del toscano “il Moro” per poterle poi un giorno inserire in un armadio capace di contenere quello che da anni è il mio universo tabagico. Da quando iniziai a fumare le sigarette all’età di 14 anni fino a ora che ne ho 32 (le bionde le ho ho abbandonate quasi 10 anni or sono) mi è sempre piaciuto conservare pacchetti di sigarette, accendini, portasigari, scatole e tutto quello che riguardava il mondo del tabacco. Non proprio un collezionista (me ne manca la disponibilità economica e la perizia maniacale nella conservazione, ricerca e datazione) ma un “conservatorista”, uno cioè che tende a conservare ricordi di qualcosa che anche per poco mi ha recato piacere. E visto che questa cosa è continuata quando ho iniziato a fumare la pipa qualche anno fa, avevo bisogno di uno spazio tutto mio, di una rastrelliera, o meglio, una teca dove raccogliere i miei affetti fumosi, un “sancta sanctorum” dove poter conservare e concentrare tutto il mio universo di quello che, abbandonate le sigarette, non considero più un vizio ma un dolcissimo piacere della mia vita. Qualche mese fa, in uno scambio culturale con i ragazzi a Gran Canaria, parlandone con un amico/insegnante d’inglese/musicista e falegname per hobby, egli mi diede l’idea di realizzare per me un armadio per poter contenere pipe, sigari e tabacchi. Iniziai così a pensare a cosa mi servisse di preciso, allo spazio presente e futuro che mi sarebbe occorso e iniziammo la fabbrica del mobile.
Per prima cosa le misure dei cassetti per poterci mettere i miei due humidors.
I primi giorni erano tutti un “si potrebbe fare così”, “si potrebbe aggiungere questo” fin quando, grazie ad una vignetta pubblicata da Daniele Vallesi su facebook, mi venne in mente di raddoppiare lo spazio mettendo davanti alla rastrelliera a giorno due sportelloni che potessero anch’essi contenere pipe. Grazie agli accorgimenti tecnici del mio amico Alberto Casasoli iniziammo così ad accelerare i tempi, grazie anche alle vacanze natalizie della scuola. Ed ecco infine il mobile realizzato, utilizzando tavole di abete da 4 e 2,5 cm per fa sì che possa durare nel tempo, o che magari possa essere riempito e ampliato un giorno dai miei eventuali figli. Il colore è stato scelto da me perché il colore naturale dell’abete si sarebbe col tempo ingiallito e anche perché quel verde fa tanto “country english” che mi sembra adatto allo scopo. Quella che era partita per essere una grande rastrelliera si è trasformato in un monumento alla pipa e i suoi tabacchi! Ora aspetto solo di riempire i suoi 530 posti e potermi godere per anni la compagnia di questo splendido oggetto chiamato appunto dal suo autore il “Pipaio”.
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