tommaso ascorti

Intervista a Tommaso Ascorti 

“La vena della radica è la mia vita” 

 

Nonno Peppino rivoluzionò l’immaginario della pipa fondando la Caminetto. Poi il padre Roberto ha reso il marchio famoso in tutto il mondo. Tommaso è la terza generazione di maitre pipier Ascorti e ha le idee chiare sul futuro dell’azienda di famiglia.

 

Tommaso, che cos’è per te una pipa?
Per rispondere, rubo una frase che ho sentito dire tante volte da mio padre, Roberto Ascorti, quando gli hanno posto questa domanda: “Dalle nostre mani e dalla nostra azienda nascono gioielli per uomini. O, se preferite, giocattoli per bambini un po’ cresciuti”.

Come è avvenuto il passaggio della Caminetto da tuo padre Roberto a te?
È successo tutto in maniera molto naturale. Sono cresciuto nella bottega e già da piccolo giocavo con gli scarti della radica, immaginavo che fossero mattoncini con cui fare costruzioni e li lavoravo con gli attrezzi più semplici. Crescendo ho continuato a frequentare il laboratorio per apprendere le tecniche di lavorazione del legno, la conoscenza dei materiali e la soddisfazione che solo il lavoro manuale sa regalare. Poi un giorno, alcuni anni fa, mi sono ritrovato con una pipa finita tra le mani, bella, tonda. L’avevo fatta tutta da solo. Penso sia stato quello il momento in cui mio padre ha capito che ero pronto. Io gli devo molto, anzi gli devo tutto. Ho una grande fortuna, che a lui è mancata troppo presto (ndr. Peppino morì quando Roberto aveva appena 26 anni): quella di avere un mentore, una persona al fianco su cui poter sempre contare.

Come sono cambiate le pipe Caminetto da quando le crei tu?
La Caminetto è una linea di pipe sperimentale, fin da quando nonno Peppino la inventò nel 1968 cambiando per sempre il concetto di “classico”. Quando progetto una pipa mi ispiro a lui, alla sua creatività e all’ingegno con cui sognava forme nuove. Per questo non si può dire che la Caminetto sia cambiata: è ancora legata alla tradizione, pur essendo proiettata nel futuro. Continuerò a proporre agli amanti delle pipe linee totalmente innovative, dietro cui i clienti possano però ritrovare tutte le caratteristiche che negli anni li hanno portati ad amare la “pipa del baffo”.

Qual è il segreto per lavorare la radica?
Per addomesticare la radica ci vuole una grande abilità. Il segreto è vederci lungo: bisogna capire subito se la placca ha qualche difetto, se il legno ha delle impurità e toglierle con un sapiente colpo di pialla. Un amico segantino mi sta insegnando a intuire le qualità nascoste della radica solamente osservandone la crosta, perché l’erica arborea che usiamo per le nostre pipe è una pianta affamata e le sue radici inglobano quello che trovano nel terreno, compresi piccoli sassi e sporcizia. Ma io compro soltanto quella più pura e non acquisto mai placche a sacco chiuso perché voglio essere sicuro prima di comprare. È un “vizio” che sono orgoglioso di aver ereditato da mio padre, anche se lo prendo sempre in giro dicendogli che impiega più tempo a scegliere la radica di quanto ce ne abbia messo per scegliere sua moglie (ride). Poi, quando hai selezionato la placca migliore, è proprio il legno a suggerire quale forma avrà la pipa. La vena della radica è la mia vita perché, per imparare ad ascoltare i suggerimenti sussurrati dalle venature della radica, bisogna dedicarle un’esistenza intera.

tommaso ascorti radica

Qual è stata la pipa del tuo esordio sul mercato?
La mia prima pipa non poteva che essere dedicata a nonno Peppino. Si chiama Event ed è la rivisitazione di uno dei modelli storici del nonno, il numero 142. La Event è nata sulla falsariga di una Calabash: è una semicurva con bocchino dritto ad innesto e una sporgenza nella parte finale della culatta. In questa pipa ho voluto unire innovazione e tradizione: la linea originale e inedita rappresenta la novità e il futuro, mentre il flock di rame inciso è un rimado alla tradizione e al passato, perchè è un materiale “povero” che riporta indietro nel tempo. 

Qual’è la tua ultima?
Deve ancora nascere (ride).

E il finissaggio che più ti rappresenta?
Quarantacinque anni fa il nonno inventò la New Dear, oggi io ho creato una particolare rusticatura che ho voluto chiamare Skin. Con questa tecnica la pipa presenta una grana fine che la rende simile alla screpolatura che ho sulla pelle delle mani, nell’incavo tra il pollice e l’indice. Quella screpolatura si è formata perché lavoro il legno senza guanti, per sentirlo bene sotto le dita. Così sulla Skin c’è una parte di me. É come se io fossi fisicamente in ognuna di quelle pipe.

C’è un personaggio famoso che è particolarmente affezionato alle pipe Caminetto? Qualcuno che si possa definire il testimonial dell’azienda?
Non mi piace usare il termine testimonial. Voglio che i nostri clienti scelgano di acquistare una Caminetto o una Ascorti perché sono le pipe migliori che possono trovare sul mercato, non perché l’hanno vista in mano ad un volto noto. C’è comunque una fotografia a cui sono molto affezionato: fu pubblicata su un giornale e la conservo ancora gelosamente in un album. È un primo piano del CT della Nazionale azzurra Enzo Bearzot che accende la sua Ascorti con sguardo corrucciato: era in Messico, nel 1986, per i mondiali di calcio e pochi giorni prima della partita Italia-Francia, il commissario tecnico aveva telefonato in azienda e aveva chiesto a mio padre di spedirgli in Messico una delle sue pipe.

caminetto pipaQuali sono le principali difficoltà che incontra un artigiano di 24 anni come te?
Il mondo delle pipe non è facile per un ventiquattrenne. Gli artigiani di grande esperienza si stupiscono quando mi vedono parlare di pipe durante le fiere di settore. Si avvicinano incuriositi e pieni di consigli su come lavorare il legno, come vendere i miei prodotti e qualche volta… anche su come vivere. Ma il mio marchio ha quarantacinque anni e mio padre è un’ottima guida.

Chi è il cliente tipo della Caminetto?
I nostri clienti sono persone molto esigenti, con la cultura della pipa, dai gusti raffinati, affezionati al marchio. Non c’è un cliente tipo. La pipa è un momento emozionale, è un gioiello di artigianato, un piacere da concedersi per un attimo di puro relax, una coccola per i sensi. Tra i miei progetti c’è l’ardua missione di svecchiare la pipa nell’immaginario della gente e cancellare il pregiudizio che sia un’usanza d’altri tempi. Gustarsi una Caminetto è come sorseggiare meditazione invecchiato in barrique, come assaggiare un dolce di pasticceria finissima, come assaporare una goccia di pregiato aceto balsamico, denso e profumato. Insomma, una gioia per il cuore.

Come ti immagini tra vent’anni?
Tra vent’anni mi immagino esattamente qui dove sono ora, con le pipe, in questa stessa bottega, con queste mani, a lavorare ancora il legno. Ma vorrei che, per allora, la Caminetto sia sulla bocca di tutti e tra le labbra di tutti. Se questo succederà e se le mie pipe continueranno a essere apprezzate come sono ora, io sarò un pipe maker felice e un uomo orgoglioso di se stesso.

caminetto calabash