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Giuseppe Elefante è stato un mio docente ed esaminatore per il corso Catadores organizzato dal Cigar Club CivitHabana e CCA.
Mi presentò Giuseppe un amico in comune, il caro Massimo de Giovanni, e la prima cosa che disse di lui era che gli riconosceva un palato e una sensibilità ai sigari simili ai suoi.
Chi ha avuto modo di conoscere la “vecchia volpe” sa che era sempre particolarmente sincero!
Giuseppe è architetto, ma anche se ormai è impegnato anche professionalmente nel mondo dei sigari, è rimasto un appassionato della cultura del fumo lento in tutte le sue espressioni.
Oggi ci faremo raccontare da Giuseppe cosa significa essere un appassionato fumatore di sigari premium.

Ciao Giuseppe, grazie per la disponibilità.
Presentati velocemente ai nostri lettori!

Un fumoso saluto a tutti gli Amici di Gusto Tabacco! Da fumatore ho esplorato tutte le vie, dalle sigarette alla pipa passando per i sigari mass-market (con cui non ho mai avuto un rapporto particolarmente significativo). Poi, nel 2003, ebbi la folgorazione. Una sera conobbi Nicola Pileggi, il Presidente di ASCC, un caro amico cui non sarò mai abbastanza grato per avermi introdotto a questo straordinario mondo. Mi offrì, lo ricordo ancora, un Montecristo No. 2 mentre gli altri più esperti di me fumavano quello che poi capii essere un Partagas Serie du Connaisseur No 1 (solo successivamente compresi perché non mi avesse offerto il Partagas!). Da allora fui sempre più incuriosito dalla magia che emanava il mondo del sigaro.

Che tipo di formazione hai avuto nel settore del lento fumo, oltre al corso Catadores? E quanti “corsi fai-da-te” hai studiato da appassionato sempre prima di intraprendere questo percorso?
Il Corso Catadores fu la mia prima esperienza in tal senso. Successe tutto per caso: era il 2004 e ASCC aveva organizzato il secondo corso Catadores dopo il primo tenutosi a Bologna. Sostituii un amico che non poteva seguire una lezione, e rimasi letteralmente stregato dalle parole di Paolo Trevisani. Ero quasi completamente digiuno di nozioni tecniche ed entrare in quella realtà così complessa innescò in me un’accesa passione. Da allora non ho mai smesso di leggere e documentarmi anche attraverso il confronto con i tanti esperti che ho avuto la fortuna di conoscere. Quello della crescita culturale è un problema cruciale per l’appassionato; quando iniziai le informazioni non erano molte e quelle disponibili erano spesso contraddittorie, tali da ingenerare confusione ed equivoci. Consiglio di leggere esclusivamente i testi di esperti autorevoli, e su tutti consiglio quelli di Luigi Ferri. Luigi è a mio avviso uno dei massimi esperti sia in Italia che all’estero, e per me rappresenta un’autentica guida.

Hai avuto un posto di ruolo attivo e molto importante all’interno della CCA. Perché poi hai dato le dimissioni? In che rapporti sei rimasto con l’Associazione?
Ho mosso i primi passi in CCA nel 2004 e nel corso di un decennio ho avuto l’onore di rivestire svariati incarichi. L’Associazione ha rappresentato un veicolo fondamentale per la mia evoluzione di appassionato, e ad essa devo moltissimo sotto il profilo della crescita umana e culturale. Vi sono tuttora profondamente legato e continuo a collaborare alla realizzazione dei Corsi Catadores, ma ormai rappresento la vecchia guardia; è giusto lasciare spazio a chi possa offrire un apporto nuovo e vi sono molti amici che stanno svolgendo uno straordinario lavoro di rinnovamento. Devo inoltre aggiungere che per la mia attuale posizione professionale mi è impossibile ricoprire cariche in seno agli organi di controllo. Tutti però in CCA conoscono la mia lealtà nei confronti dell’Associazione. È un’istituzione sana, che è riuscita a portare la cultura del fumo lento in Italia ad un grado di approfondimento che non ha termini di paragone nel mondo. Credo siano in molti ad invidiarci Cigar Club Association, ed io sono orgoglioso di appartenervi da così tanto tempo.

Secondo te, un giovane che vuol conoscere il mondo del lento fumo, che passi deve intraprendere? Qual’è la predisposizione che deve avere?
Curiosità, Umiltà, Pazienza. In dosi massicce, naturalmente. Si deve provare di tutto, instancabilmente e senza preclusioni o preconcetti. Leggo spesso di presunti “conflitti” tra scuole produttive, e francamente trovo ridicola una simile querelle. Credo si debba avere il massimo rispetto verso tutti coloro che lavorano un campo sino al raccolto, curano le foglie con mille attenzioni e infine le rollano per offrirci uno straordinario piacere. Non importa a quale latitudine avvenga tutto ciò, e i nostri gusti personali rimangono sempre tali, cioè ampiamente opinabili. Ecco perché si deve provare sempre tutto, instancabilmente. Solo dopo aver setacciato le molte produzioni disponibili si potrà comprendere ciò verso cui si è maggiormente inclini.

Che cosa significa degustare un sigaro? Nella prima lezione del corso Catadores questo argomento viene solo anticipato, poi non esistono altri approfondimenti in materia.
La Degustazione pura di un sigaro premium è in realtà un atto assai meno godibile di quanto si possa pensare. Non è come gustarsi un sigaro assaporandone dolcemente ogni sfumatura. La Degustazione è un atto che richiede concentrazione, obiettività ed un minimo di esperienza, oltre ad un ottimo stato di forma ed una predisposizione mentale assolutamente neutra. Insomma, è una vera fatica! In quanto atto tanto complesso lo sconsiglierei a un neofita, il quale successivamente avrà tutto il tempo per esercitarsi in questa pratica. Al fine di acuire le proprie capacità di analisi suggerisco invece di effettuare le degustazioni “alla Nisemboim” (in riferimento al grande collezionista ed esperto Frank Nisemboim), della cui efficacia sono appassionato sostenitore. Proposi la prima degustazione di questo tipo ad Avellino, nel 2008. Si tratta di accendere due o anche tre sigari e fumarli contemporaneamente. L’evidenza nelle differenze di aromi e sapori tra un manufatto e l’altro risaltano con straordinaria immediatezza, e il fumatore può cogliere ogni sfumatura in modo evidentissimo. Consiglio a tutti di provare questa esperienza!

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Personalmente mi trovo sempre in una posizione critica nei miei confronti quando scrivo una recensione su un prodotto da fumo, che sia un sigaro o una miscela da pipa. Alla fine si riduce tutto ad un voto che magari non è veritiero. Mi autocritico perché spesso, facendo la media delle varie voci (es. costruzione, persistenza, qualità aromatica ecc…) mi viene fuori una valutazione diversa dal mio piacere personale. Ne avevo anticipato qualcosa nel mio articolo di “rating personale” dove scrivevo che i sigari sono per me come le esecuzioni dei brani musicali: mi capita di ascoltare musicisti tecnicamente perfetti ma di una palla musicale immensa, o altri con una tecnica discutibile ma che hanno una travolgenza musicale e carismatica infinita.
Quando tu giudichi un sigaro che metro usi o hai usato? Quanto incide il piacere fine a stesso sul giudizio di un sigaro?

Hai centrato il problema. Giudicare un sigaro è come ascoltare un’esecuzione orchestrale in cui non vorremmo trovare sbavature di sorta. Un fumatore agli esordi punta la propria attenzione verso la percezione delle note aromatiche più esotiche, ma questo rappresenta solo una parte del lavoro di analisi. Con il passare del tempo e con l’aumentare dell’esperienza si deve cercare di cogliere parametri diversi come l’equilibrio generale, nonché la complessità, la finezza e la persistenza aromatica; vi sono poi valori come l’evoluzione che potrebbero però non rappresentare una discriminante essenziale: alcuni produttori non la ricercano e, ancora una volta, sarà il nostro gusto a decretare l’adeguatezza di una simile scelta inserendola in un contesto più ampio.
Come si vede, il giudizio finale dipende dal tipo di valutazione che stiamo effettuando. Quando si sceglie un sigaro perché ci piace abbiamo già operato una precisa scelta di campo; quando invece testiamo un sigaro, anche se non in modo canonico, dobbiamo essere pronti ad accettare ciò che esso vuole proporci nel corso della fumata.  
La degustazione canonica non lascia invece spazio ad interpretazioni: un sigaro che ottiene un rating altissimo deve essere stato realizzato in maniera impeccabile, possedere un perfetto bilanciamento, un’ampia quanto fine gamma aromatica, una percepibile evoluzione e una lunghissima persistenza.

Il palato può essere istruito o basta un buon istinto? E se possiamo svilupparlo, come?
Credo che il palato necessiti solo di un minimo di allenamento; non siamo più abituati ad esercitare i nostri sensi di prossimità perché la nostra cultura sensoriale è piuttosto “appiattita” da un’imperante omologazione. Accostarsi al sigaro per comprenderne tutte le sfumature aromatiche rappresenta un lavoro di ricerca interessante, ricco di risvolti piacevolissimi. Tra le varie scuole di degustazione vi sono naturalmente grandi differenze: per i cubani i sigaro “sa solo di tabacco”, per noi europei è invece ricco di tutti gli attributi che lo legano al “food language”. Non si tratta di sposare una delle due filosofie tout court, ma di cogliere l’esperienza gustativa che il sigaro ci offre. Ancora una volta l’esperienza e la curiosità possono aiutarci a raggiungere il traguardo di una maggiore sensibilità. Acquisire ed archiviare un proprio patrimonio sensoriale è cioè un’operazione affatto complessa, alla portata di tutti. Occorrono solo tempo e impegno.

[filefield-onlyname-original]Sappiamo bene che in Italia (forse anche all’estero) ci sono delle fazioni, più o meno “vivaci”, che spingono di più i fumatori verso sigari cubani o extra-cubani. Qualcuno denigra anche chi ha gusti diversi. Che ne pensi di queste posizioni? Non voglio entrare in merito ai tuoi gusti personali perché sappiamo per chi lavori ma vorrei sapere se sono utili queste diatribe.  
Ho già espresso il mio parere a riguardo. Tutto ciò è semplicemente ridicolo e, francamente, non riesco a comprendere tali atteggiamenti. Chi mi conosce sa che non ho mai parlato male di uno specifico terroir e dei suoi prodotti. Da responsabile nazionale dei Corsi Catadores ho sempre creduto nell’obiettività di giudizio ritenendolo un valore essenziale per la cultura del fumo lento. Quando poi si ha il compito di illustrare un mondo così vasto e straordinario come quello del sigaro non si possono esprimere giudizi meschini o manichei su terroir diversi da quelli che si amano: si perderebbero la propria credibilità e il rispetto di chi ci ascolta. Sin dall’inizio ho affrontato ogni manufatto con la sola voglia di capire proprio le differenze esistenti tra un sigaro cubano ed uno dominicano o nicaraguense. Già molto tempo addietro (intendo almeno 10 anni, non ieri) feci una scelta precisa, che rifletteva i miei gusti personali, ma ho sempre continuato a provare di tutto, avendo così modo di sorprendermi gradevolmente su molte realtà emergenti. Pur restando fedele al mio gusto personale non ho perciò mai avuto preclusioni nei confronti di una determinata scuola produttiva. Molto semplicemente la mia natura di appassionato mi impedisce di essere irriguardoso verso chi produce con impegno e passione ciò che tanto amiamo.

Secondo te, c’è posto per le nuove generazioni in questo settore? Se non a livello commerciale in cosa si potrebbe investire in tempo e attività nel lento fumo?
Difficile risponderti! Dipende da quanto la passione per il sigaro colpisce in profondità. Quando se ne rimane stregati, ed è quello che è successo a me, allora si è disposti a fare molti sacrifici per coltivare tanta passione. In questi anni ho sottratto tempo alla famiglia e anche al lavoro per cercare di arricchire le mie scarne conoscenze, ed ancor oggi so di aver fatto ben poca strada in tal senso: quella del sigaro è una realtà in continuo divenire, e nuove conoscenze si sovrappongono a dati che sembravano acquisiti come certi. Devo però molto al sigaro e all’allure che esso genera: come veicolo di socializzazione e strumento di crescita credo sia davvero unico. Bisogna solo avere il coraggio di essere pronti a dare molto. Ma quale passione non richiede sacrifici?

Una lista di tuoi sigari cubani preferiti?  
Una lista di sigari non cubani che ti piace fumare?

Credo siano note le mie predilezioni per i Panetelas e in generale per i sigari di cepo ridotto. Anche in questo credo di essere ormai un dinosauro! Per quanto riguarda la produzione cubana adoro sigari come il Fundador di Trinidad i Lanceros di Cohiba, e gli Especiales di Montecristo, e poi tutti i Dalias e i Cervantes, anche se mi piace spaziare su tutta la produzione. E’ comunque un peccato che gli appassionati di oggi non possano aver mai fumato autentiche meraviglie come i Panetelas Largas di varie marche, non solo cubane; si tratta di un grave impoverimento della cultura sigarofila. Le produzioni nicaraguensi, dominicane e honduregne credo siano oggi di altissimo livello e chiunque ami fumare sigari premium di grande qualità non può non aver provato sigari come i Padron delle linee 1926 e 1964 o i Fuente Opus X.

Domanda da padre a padre: io e te abbiamo figli piccoli. Così come noi anche altri nostri amici fumatori. E’ scontato dire che il fumo fa male… ma che tipo di approccio dovremmo dare noi “fumatori coscienti” ai nostri figli? Sinceramente sarei felice un giorno di poter fumare un sigaro o la pipa insieme a mio figlio Edoardo che oggi ha 2 anni, ma non posso neanche dirgli “Fuma!”, altrimenti verrebbero subito i servizi sociali a casa…
In famiglia sono ormai abituati a convivere con questa passione; la mia abitazione è piena di libri, scatole, giare e accessori di ogni genere riguardanti il mondo del sigaro. Non ho però mai fumato in casa e ho sempre cercato di far comprendere alle mie figlie il valore della passione piuttosto che quello del fumo in sé. Coltivare una passione arricchisce, emoziona, ci rende più autentici. Qualche anno addietro, quando passai un periodo lontano da casa per lavoro, mia figlia volle spontaneamente occuparsi del mio humidor controllandone temperatura e umidità; non credo che fumerà mai alcunché, però nutriva rispetto per ciò cui tenevo. Spesso il significato dei nostri atteggiamenti mentali non è nell’immanenza delle cose.

Hai conosciuto Massimo De Giovanni. Che ricordo hai di lui?
Massimo era una di quelle persone cui è praticamente impossibile non voler bene. Aveva il dono di metterti a tuo agio grazie al suo sorriso sempre pronto e a quella risata fragorosa che instillava gioia di vivere. Massimo è stato un amico che mi ha dato tanto in questi anni; mi ha aiutato a crescere, a capire molte cose. Ho passato molti bei momenti in sua compagnia, e grazie alla sua immensa generosità ho avuto modo di provare manufatti straordinari, introvabili. Ricordo ancora quando mi donò un Sabroso de La Gloria Cubana: fu una di quelle fumate che non dimenticherò neppure dovessi vivere cent’anni. Era una persona meravigliosa, è un Amico che mi manca.

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Tra tutti gli abbinamenti che hai provato in questi anni, ne ricordi uno in particolare?
Difficile dare una risposta precisa. La riuscita di un abbinamento è spesso il risultato di molteplici variabili, non solo oggettive ma anche ambientali ed emotive. Tra le molte ricordo però quella che facemmo nel 2008 all’Habanos Day che si tenne a Roma. Ero incaricato di guidare la degustazione dell’Edizione Limitata di Montecristo, il Sublime, e Nicola Pileggi ebbe la bellissima idea di proporre un azzardo non da poco, l’abbinamento con lo Chateau D’Yquem. Fu un’esperienza gustativa straordinaria.

Un saluto ai nostri lettori…
Vorrei salutarvi rinnovando l’invito ad essere tenacemente curiosi e ad avere coscienza di quanto ampio e complesso sia il fenomeno culturale rappresentato della passione per i sigari premium. Buon fumo a tutti!