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L’Italia siamo noi!

 

Era Hesperia, agli inizi. Erano le terre d’Occidente.

Così le guardavano i greci: le terre del tramonto del sole, le terre dei pomi d’oro.

E pensavano ad Egle, ad Aretusa, ad Eretia, ad Hesperia, appunto.

Virgilio raccontava che su questi lidi sbarcò un nemico dei Greci. Enea era fuggito da Troia in fiamme. Sulle spalle portava Anchise – la tradizione e la storia dei Padri – e per mano teneva stretto Ascanio, lanciandolo verso il futuro. Quello di Hesperia… quello dell’Italia.

Altre leggende parlavano di una lupa, due gemelli, un fratricidio.

Vennero i re, e la Repubblica. E fu storia. E venne l’impero. Le sue Aquile in Africa e Medio Oriente, in Germania e Gallia, in Spagna e Britannia.

Mentre le legioni dilagavano con il sigillo di Roma, in Palestina nasceva un altro re.

L’eterno entrava nel tempo facendo del tempo una parte di sé.

E ancora una volta fu Roma ad accogliere quella novità.

Accadde!… Accadde!

Poi, cedette il vallo d’Adriano, cedettero le dighe del nord e quelle dell’Est. E popoli nuovi si riversarono sull’antica Hesperia, sulla nuova Italia.

Genti diverse s’accalcarono le une sulle altre.

Benedetto le fuse, le amalgamò, le rese famiglia. Nei suoi monasteri il Latino sedeva accanto al Goto, il Britanno vicino al Gallo.

Fu nuova pace e nuova civiltà. Il lavoro non fu più maledizione.

S’alzarono Cattedrali, che furono inni a Dio e non sfregi alla natura.

Roma tornò ad essere un faro.

Ma dove cresce luce e speranza sempre s’insinua la tenebra del male. Eterno duello, Eterna rivalità.

E fu lotta tra fratelli, le spade tornarono ad incrociarsi, e sangue sull’Italia normanna e longobarda, franca e tedesca.

“Ahi serva Italia, – scriveva l’Alighieri – di dolore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!”

Nave senza guida, cavallo privo di cavaliere.

Eppure se le terre erano desolate, straziate, divise da armi straniere e lotte intestine, l’anima del popolo ricosceva una sua unità: la fede cristina.

Anch’essa a volte stridore e scandalo per la fragilità di uomini.

Ma alla lussuria crescente s’opponeva la povertà di Francesco, alle ambizioni la sapienza di Domenico.

Partivano intanto i vascelli da Venezia e quelli da Pisa e Genova ed Amalfi.

Le università risplendevano di cultura, scienza e libertà.

Tommaso aveva liberato il gigante, il gigante d’Aristotele.

Michelangelo dipingeva la Cappella Sistina; Caravaggio la Vocazione di Matteo; Bernini realizzava l’abbraccio di san Pietro.

Se la bellezza salvava il mondo, come avrebbe scritto più tardi il russo Dostoevskji, la bellezza intanto salvava l’Italia, mentre Spagna e Francia la ghermivano.

La salvava ma ingolosiva i suoi vicini.

Napoleone arringò le sue truppe varcando le Alpi: vi porterò nei giardini più belli d’Europa. In Italia, cioè.

Fu rapina e saccheggio. Nessun luogo risparmiato.

Scoccò allora il primo barlume di rivolta e d’unità. Contro le armate giacobine prima, contro gli imperiali poi.

Alle bandiere, che scendevano da nord o procedevano dall’Est, occorreva opporre un’altra bandiera. Un simbolo, un segno.

Fu tricolore. E fu risorgimento. E’ stata lotta, e sangue, e incomprensioni.

Unità alla fine. UNITA’!

L’Italia è bella – si dice – ma si dice anche: l’Italia è in crisi, l’Italia è in lotta, l’Italia risorge.

Ma, attenzione!: cos’è l’Italia oltre al tricolore, oltre a Dante e Petrarca, a Giotto e Raffaello, al Vico e a Manzoni, oltre a Verdi e Puccini, oltre a Roma e alla Sicilia, oltre alle Alpi, al mare, al Colosseo?

Cos’è l’Italia?

L’Italia siamo noi.

L’Italia….siamo noi!

 

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Montegiorgio, 16 marzo 2011