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“This land is your land” di Woody Guthrie

In tempi non sospetti, un autore non sospetto e “politicamente corretto” come Woody Guthrie scrisse un canto che potrebbe tranquillamente essere considerato il nuovo inno americano e gli diede per titolo “Questa terra è la tua terra”.

Nato in Oklahoma nel 1912 e scomparso a New York a soli 55 anni, Woody è stato il più importante folk singer dell’America degli anni Quaranta e Cinquanta. Chitarrista e girovago, ha vissuto a lungo a contatto con i lavoratori americani, coinvolgendosi con gli pseudo comunisti nordamericani e soprattutto con le Union, cioè con i sindacati (e per cui scrisse una retorica e divertente Union maid, la canzone dedicata alla “sindacalista”). Sulla sua chitarra acustica aveva scritto “Questa macchina uccide i fascisti” e in tempi duri per i proletari bianchi americani aveva dato voce ai braccianti del sud, ai messicani del Texas, ai boscaioli del montana, ai più poveri, ai disoccupati.

In una sua canzone, Jesus Christ, anche il buon Gesù era raccontato come un lavoratore messo in croce dai potenti – cosa per altro vera – ma raccontata con una verve sindacale tutta particolare. Acceso e sferzante, aggressivo nelle denunce e libertario (ascoltare 1913 Massacre e Vigilante man per credere), Woody, che era agli occhi di un giovane Bob Dylan il riferimento musicale e poetico assoluto, era anche un uomo affascinato dalla bellezza del suo mondo, della sua terra. Le sue canzoni di accusa, di ribellione popolare, di anarchismo programmatico, si fermavano nel silenzio emozionato di fronte alla bellezza della terra americana:

Questa terra è la tua terra
Questa terra è la mia terra
Dalla California
All’isola di New York
Dalla foresta di Greenwood
Alla corrente del golfo
Questa terra è stata fatta per me per te

Si parlava di inno americano, ma This land is your land potrebbe essere l’inno italiano, quello francese, quello etiope o uruguaiano. E’ una canzone di appartenenza e di terra, senza tempo e senza latitudine precisa. Sono parole e melodie di affezione alle proprie coste, alle proprie foreste, a quel luogo in cui ognuno è chiamato a costruire.
Questa terra è la tua terra, cantava Woody, quando ancora non c’erano scontri di identità, talmente era ovvio che ci fosse un’identità.

Una terra, quella americana, in cui ci stava di tutto, polacchi e congolesi, greci e irlandesi. Una terra fatta per me e per te. Una terra “fatta”, cioè “donata” affinché fosse lavorata.
Inno senza retorica di gente all’opera. 

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