L’Antico Sigaro Nostrano Del Brenta: una storia veneta 

Si narra che un pugno di semi di tabacco giunsero in Val Brenta celati nel bastone di un monaco benedettino di ritorno dal Nuovo Mondo. Le cronache a nostra disposizione non possono confermare né smentire con sicurezza, ma sta di fatto che l’Erba Santa fece la sua prima comparsa a Campese, alla fine del XVI Secolo, proprio negli orti di un monastero benedettino e, gradualmente, la nuova coltura si estese in tutta la vallata. Con il diffondersi dell’uso del tabacco, la Repubblica di Venezia, fiutatane (letteralmente) il potenziale economico, impose un dazio sull’importazione del tabacco e tentò di vietarne la coltivazione: il divieto non fu realmente applicato fino al 1750, anno in cui la Serenissima inviò in loco un ispettore con l’ordine di sradicare la coltura del tabacco, distruggendo le piantagioni. Ciononostante, i contadini continuarono imperterriti per la loro strada e, dieci anni dopo, la situazione fu normalizzata con il conferimento del privilegio di coltivazione ai comuni di Campese, Campolongo, Oliero e Valstagna.

Anche se all’epoca il tabacco veniva prevalentemente fiutato, nel 1763 cominciò la produzione dei sigari chiamati Pifferi del Brenta. La Repubblica di Venezia cadde nel 1797 e la Val Brenta passò sotto il controllo degli austriaci che non modificarono la situazione. Dopo il 1806, Napoleone accordò ulteriori concessioni: queste rimasero operative anche dopo il ritorno degli austriaci e durarono, pur con alterne vicende, fino al 1866. Le coltivazioni si estesero così alla riva sinistra del Canal del Brenta, coinvolgendo territori dei comuni di Cismon, Carpané, San Nazario e Solagna. Con l’annessione al Regno d’Italia, venne favorita la coltivazione dell’Avanone (più combustibile e adatto al fumo): il sistema di addebito fu cambiato, con l’introduzione del conteggio del numero delle foglie, e la coltura del tabacco entrò in crisi a causa della pressione fiscale eccessiva. Cominciò così a fiorire il contrabbando, unica strada per molti contadini per arrotondare i loro magri proventi, e questo stato di cose perdurò per molti anni, fin dopo la seconda guerra mondiale.

Nel 1939, sedici agricoltori hanno costituito il Consorzio Tabacchicoltori Bassano del Grappa, poi ribattezzato Consorzio Tabacchicoltori Monte Grappa, per fornire ai soci assistenza nella coltivazione, lavorazione e vendita del tabacco. In seguito, il Consorzio è stato allargato agli agricoltori delle aree di Castelfranco Veneto e Noventa Vicentina: in Settant’anni di storia sono state implementate molte competenze ed attività legate al tabacco e, in particolare, alla varietà Nostrano del Brenta.

Nel 1970, con l’entrata in vigore del Regolamento CEE che ha liberalizzato la coltivazione del tabacco, la tabacchicoltura declinò fino a scomparire quasi del tutto, schiacciata dalla concorrenza estera: la maggior parte degli abitanti, e soprattutto le giovani generazioni, cercarono altre fonti di sostentamento, più redditizie e sicure. Nel 2002, finalmente, il Consorzio Monte Grappa ha però deciso di far rivivere la mai scomparsa vocazione sigaraia della Valle e, dopo quasi dieci anni, l’Antico Sigaro Nostrano del Brenta è finalmente riuscito a esordire sul mercato, uscendo dalla secolare clandestinità.
Il tabacco adoperato per la produzione delle referenze della linea Antico Sigaro Nostrano del Brenta 1763 (a oggi, il Doge, il Ducale, il Casanova e il Fondatore) è interamente coltivato nelle province di Padova, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza. In questo territorio, nei secoli, la varietà Havanensis è diventata autoctona dando i natali al cultivar Nostrano del Brenta, dalle caratteristiche peculiari e inconfondibili. Le fasi agricole della lavorazione delle foglie sono svolte direttamente dalle imprese agricole: mediante Float System, le piantine vengono seminate in serre, dando modo all’apparato radicale di svilupparsi al meglio cosicché, al momento del trapianto, la pianta possa crescere robusta e con rapidità. A metà del periodo di sviluppo, ha luogo la cimatura che consente di concentrare i nutrienti nelle foglie. La raccolta avviene foglia per foglia ed è svolta manualmente tra fine agosto e inizio settembre.

Il tabacco viene curato ad aria, appendendo le foglie su filze di tre o quattro metri collocate in appositi capannoni, all’interno dei quali ha luogo un’essiccazione naturale di due o tre mesi. Una volta terminata la fase di ammarronamento, le foglie subiscono una cernita preliminare, prima di essere inscatolate e inviate in manifattura. Presso i locali del Consorzio, il tabacco viene in seguito fermentato in diversi passaggi per poi essere lavorato in modo differente a seconda del grado e dell’uso che ne verrà fatto: si distinguono così fascia, sottofascia e ripieno. Tradizionalmente, la fermentazione aveva luogo ammucchiando il tabacco in cataste ricoperte da teli: grazie all’umidità contenuta nelle foglie stesse e alla pressione dovuta al loro peso, era generato il calore necessario a innescare il processo. Proprio la particolare disposizione dei manocchi per la fermentazione costituisce il simbolo ed il logo del Consorzio Tabacchicoltori Monte Grappa: oggigiorno, peró, la fermentazione avviene in celle mediante vaporizzazione. Con questo procedimento si sviluppano i medesimi batteri e funghi che operavano nella fermentazione tradizionale: le foglie cominciano così a liberarsi delle impurità (catrame, acidi e nicotina in eccesso) e ad acquisire o esaltare le qualità organolettiche tipiche del Nostrano del Brenta. Una volta terminata la fermentazione, il tabacco viene nuovamente selezionato e suddiviso per tipologia di impiego, grado, colore e altri parametri: le foglie vengono poi stivate in appositi locali e lasciate riposare alcuni anni, prima di essere impiegate per la lavorazione dei sigari, il cui blend è composto dal raccolto di annate diverse. Successivamente, si procede con la battitura dei gradi da ripieno: in seguito alla riduzione in strips, ha luogo la miscelazione secondo la receta del blend desiderato. I sigari vengono realizzati a mano dalle sigaraie della manifattura di Campese in Bassano del Grappa: a differenza degli altri sigari di foggia toscana, sono confezionati con fascia e sottofascia.
La prima fase della lavorazione prevede la preparazione della pupa, ovvero l’arrotolamento del ripieno nella sottofascia: solo a distanza di qualche giorno viene aggiunta la fascia. A differenza di quanto avviene per i sigari caraibici, la manifattura non si avvale di presse o formelle per conferire al sigaro una forma cilindrica, ma la pupa viene lasciata libera. Trascorsi alcuni giorni, si procede all’aggiunta della fascia: in questa fase il sigaro assume la sua caratteristica forma bitroncoconica. Una volta spuntati, i sigari vengono collocati su telai traforati che vengono stoccati in apposite celle di maturazione. Durante tutte le fasi vengono verificati peso, lunghezza, spessore, consistenza, confezione e integrità della fascia: per la verifica del tiraggio viene utilizzata una macchina che misura la quantità d’aria circolante all’interno del sigaro. Il confezionamento è l’ultimo passaggio subito dai sigari prima di essere immessi sul mercato: anche quest’ultima operazione è svolta manualmente.

Finalmente fuori dalla clandestinità che da un lato li ha preservati dall’oblio, ma dall’altro li aveva resi patrimonio di pochi, i sigari Nostrano del Brenta possono finalmente ritagliarsi il proprio spazio sugli scaffali delle migliori tabaccherie e negli humidor dei fumatori italiani.

 

 

Il tabacco in tutte le sue forme mi accompagna sin da ragazzino: fumatore per vizio e per passione, coltivo una grande passione per la scrittura, la musica colta e la letteratura, ma anche per la birra, i whisky e tutto il resto.