Cigar-Tobacco-lubinski

Pubblichiamo oggi un comunicato di Mario Lubinski che spiega a noi consumatori il motivo dell’aumento di prezzo dei trinciati da pipa Dunhill da lui distribuiti.
Ringraziandolo fin da ora per la pazienza di questo articolo che fa chiarezza su tanti aspetti che, per chi non lavora nel settore, sembrano oscuri o poco chiari. 

Excusatio non petita, accusatio manifesta? 

Gentili Amministratori,
chiedo cittadinanza sul vostro sito, ritenendolo il più frequentato dai fumatori di pipa italiani, per tentare di fare una volta per tutte chiarezza sulla distribuzione dei trinciati da pipa nel nostro paese.

Capita che la mia azienda venga dipinta da alcuni, 3 o 4 in verità, con tinte fosche, insinuando che ci si arricchisca cinicamente alle spalle dei poveri fumatori italiani.
Questo è accaduto anche recentemente in alcuni forum o gruppi di discussione, in occasione della  variazione di prezzo dei trinciati Dunhill.
Non ho mai inteso replicare pubblicamente a fantasiose provocazioni, né intendo farlo ora, ma una volta per tutte ritengo che i fumatori debbano sapere come stanno realmente le cose.

I prodotti di tabacco sono, in gran parte dei paesi, soggetti ad imposta di consumo, detta altrimenti accisa.
In Europa (ma anche negli USA) questa varia grandemente da Stato a Stato avendo la  Comunità Europea lasciato ad ogni Stato libertà di autodeterminazione sia per le accise, che per l’IVA.
Ci sono paesi che applicano l’accisa in percentuali diverse sul prezzo di vendita al pubblico, quelli che non la applicano affatto, e paesi come l’Inghilterra che tassano il tabacco a peso prescindendo dal suo costo finale. Ne consegue che i trinciati, ma anche i sigari e le sigarette, abbiano prezzi al pubblico di molto differenti da Stato a Stato, conformemente alle diverse norme vigenti. Non per questo nei paesi dove i tabacchi risultano essere più costosi, lì operano distributori più avidi o scorretti.

Come è ripartito il prezzo dei trinciati da pipa in Italia? Come chiunque può verificare dalle tabelle di ripartizione pubblicate nel sito AAMS il prezzo si compone di 4 voci:

1. L’accisa: tassa sul consumo, è il 56% del prezzo al pubblico, (in altri paesi questa è calcolata differentemente o è pari a ZERO) .

2. L’IVA: dal 1 Ottobre questa imposta sul valore aggiunto in Italia  è al 22% (imposta assolta alla fonte, quindi scorporata dal prezzo pubblico) risulta incidere sulla composizione del prezzo per il 18,32%

3. L’agio: (misero) per il rivenditore è il 10% (lordo)

4. La quota fornitore: il fatturato reale dell’importatore, è la risultante della sottrazione dal prezzo al pubblico delle 3 voci qui sopra elencate.

Ne consegue che fatto 100 il costo al pubblico di una latta di tabacco l’importatore “gode” di un fatturato di 15,68 (100 – 10 – 56 – 18,32) .

Volendo applicare questa formula al reale, per puro esempio, a tabacchi di qualità che sul mercato italiano costano 400 euro al Kg , ovvero 20 euro per latta da 50 gr., si evince che il fatturato dell’importatore è di euro 63,87 al Kg , cioè euro 3,1935 per latta da 50 gr..
E’ poco?
E’ tanto?
Ognuno si farà la propria idea.
Certo, 20 euro per latta sono molti per il fumatore, ma l’importatore ne trae solo 3,1935 , dovendoci far rientrare oltre al costo del prodotto stesso, anche i costi di trasporto in e out, gli imballaggi e la cancelleria, i costi di rappresentanza, i costi fissi di gestione ed infine anche l’utile aziendale.
Ce la può fare l’importatore di soli tabacchi, pur guadagnando un 20% lordo, 0,60 euro per latta ?

Credo proprio di no, a meno che se ne vendano per centinaia di tonnellate o che i trinciati siano una parte minoritaria del fatturato complessivo di una azienda. Nel mio caso, buona la seconda.

Qualcuno ha attribuito alla mia azienda la qualifica di monopolista di trinciati di qualità, io mi qualificherei piuttosto un dinosauro, cocciuto e ostinato, convinto che per vendere belle pipe sia necessario fornire buoni tabacchi.

Giù il velo

A questo punto il paziente lettore che è arrivato fino a qui si chiederà: ma allora quanto costano i trinciati da pipa alla fonte?
Lo accontento: quelli di qualità confezionati in scatola, a seconda del fabbricante, del packaging e della materia prima usata variano tra i 45 e i 60 euro al KG, ex-factory (alla fonte), ma anche 70 e più se si tratta di rolls, plug o twist.

E i trinciati Dunhill? Ecco lo scoop: ai principali distributori mondiali costano, appunto ex-factory, euro 57 al Kg.. Al mercato italiano un po’ meno, come riguardo per l’alta imposizione fiscale e la quota importante di venduto, ma certo non tanto meno da poter continuare a venderli a 12,50 euro a latta, che corrispondono a 250 euro al Kg e quindi a 39,92 euro al Kg di quota fornitore.

Mi sono spesso chiesto in questi anni come fosse possibile che i 2 trinciati Dunhill ancora presenti sul territorio potessero avere prezzi cosi ridicolmente bassi, totalmente disallineati con quella che è l’immagine globale del brand oltre che con gli altri mercati europei. Come potevano i Dunhill “italiani” costare il 30/40% meno dei Samuel Gawith mentre in altri paesi il rapporto era alla pari o a vantaggio di SG?

La risposta l’ho avuta quando ho cominciato ad interessarmene concretamente, spinto da Bat International, proprietaria del marchio, a valutare una possibile collaborazione. Questa aveva convenuto con la consorella Bat Italia, di cessare il contratto di distribuzione dei trinciati Dunhill, così come in precedenza aveva fatto per i sigari, a far data dal 1 Gennaio 2014. Solo per dare la dimensione delle parti in causa: la Bat International, ovvero British American Tobacco Int. è la seconda multinazionale mondiale di prodotti di tabacco, mentre la Bat Italia è l’azienda che ha acquistato dallo stato Italiano la Spa creata per alienare i Monopoli di Stato, una transazione questa se non ricordo male si aggirava attorno a 2600 miliardi di lire.

Già dai primi contatti con Bat Italia ebbi la sensazione che praticamente nessuno sapesse della presenza in portfolio di queste 2 referenze, una goccia in un mare grande, fatto di sigarette, di grandi numeri. Una gestione fatta quasi per forza d’inerzia con automatismi per l’ approvvigionamento della pipeline.
Si spiegava così perché i 2 prodotti non avessero avuto praticamente aumenti negli ultimi 10 anni.
Anni di sensibili aumenti della materia prima anche a causa alle fluttuazioni del US$, .

Erano prodotti venduti in rimessa? Certo che SI!

Piccole perdite tutto sommato, se spalmate in fatturati enormi, quelli delle sigarette, a tutto beneficio dei fumatori italiani.

Poteva continuare? Certo che NO!
Tanto è vero che si è deciso di cessare quel rapporto.

La Cigars & Tobacco Italy vive esclusivamente di prodotti di qualità e di piccola nicchia, che siano sigari o trinciati da pipa, e a fatica arranca ogni anno per trovare gli utili che la mantengano operativa.

Chi vorrà credere a questo out-put, e continuerà ad acquistare i nostri trinciati Dunhill, Mc Connell, Peterson, Rattray’s e Samuel Gawith ora con maggiore consapevolezza in una tabaccheria italiana lo ringrazio fin d’ora.

Chi invece preferirà  fare il frontaliero con la Svizzera o il turista tabaccofilo in Spagna o in Germania o addirittura il contrabbandiere in conto terzi, ne ha la facoltà e la mia comprensione, ma per favore eviti di tirarmi la giacchetta.

Mario Lubinski

 

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