Prima o poi, chi si avvicina seriamente al mondo dei sigari o della pipa inciampa in quella curiosa arte di trovare l’abbinamento giusto con un distillato degno di nota. Un bicchiere che luccica sul tavolo, tracce di cenere, il fumo che danza e tutto quel gioco di aromi e sfumature etiliche: insomma, in Italia tutto questo ha sempre avuto il suo fascino, non è che manchi la storia.
A quanto emerge dai dati di Moodique, pare che qualcosa come l’83% degli appassionati di sigari finisca per scegliere rum, whisky o cognac quando sorseggia tra una boccata e l’altra. Pochi – davvero pochi, appena il 9% – si spingono invece su strade meno battute, tipo i vini fortificati o addirittura birre artigianali. L’esperienza ricorda un po’ quella del casino online: serve attenzione ai dettagli, conoscenza delle regole e voglia di rischiare per trovare l’abbinamento che cambia la serata.
Forse va chiarito: quelle che vengono spesso spacciate per “regole” scolpite nella pietra, alla fine, sono il frutto di tentativi, appunti e aggiustamenti fatti a mano libera lungo i decenni. Più suggerimenti che dogmi veri e propri.
Equilibrio tra corpo, aromi e struttura
Non basta accostare un sigaro a caso a una bottiglia appena aperta e sperare che succeda la magia. Abbinare – o provare ad abbinare – vuol dire soprattutto cercare un certo equilibrio, una misura che eviti esplosioni sgangherate di gusto da una parte e silenzi aromatici dall’altra. Di solito si parte valutando quanto sia strutturato (anzi, strutturato davvero) il tabacco: un sigaro leggero, quelli dominicani più gentili oppure magari una mistura aromatica da pipa, rischia di venire sommerso se gli metti accanto un distillato troppo aggressivo.
Meglio stare bassi: grappa giovane, un brandy senza troppa scena, forse un vino liquoroso poco invadente. Appena la forza del tabacco sale, cambia tutto: i sigari robusti, le miscele inglesi con latakia densa, hanno quasi bisogno di qualcosa che tenga loro testa – rum scuri, whisky torbati, cognac lasciati a invecchiare senza fretta. Gustotabacco sintetizza così: più intensità nel tabacco, più corpo nel bicchiere. Facile a dirsi. Occhio però alle sovrapposizioni: se si esagera e si sommano tostature o affumicature pesanti, si rischia di tirare fuori solo acidità sgraziate che stonano col resto. L’impressione è che sia sempre una questione di limare, mai di forzare.
Distillati classici e alternative per ogni tipo di tabacco
Si sente spesso ripetere che rum cubano e sigaro nicaraguense siano la coppia del secolo sulle riviste specializzate. Tuttavia, gli esperti sentono il bisogno di esplorare, proprio come chi cerca nuove sfide su casino online con uno sguardo diverso. C’è chi preferisce osare: la grappa barricata sul Toscano, un gin secco abbinato a tabacchi Virgin Leaf, oppure – per i nostalgici delle nebbie scozzesi – un single malt accomodato accanto alle miscele più affumicate di Latakia e orientali.
Nel 2021 i Villiger Cigars avevano persino stilato una specie di classifica: whisky scozzesi e cognac ultra-invecchiati dominano, seguiti a ruota da rum centroamericani tra i più gettonati. Ecco, se dovessimo isolare una variabile che davvero conta, probabilmente sarebbe la “persistenza”: un distillato che si esaurisce in fretta lascia indietro i sigari più pieni, così come un cocktail troppo dolce copre tutto e rischia di annullare ogni sfumatura interessante nelle miscele leggere.
Secondo una ricerca AngelShare – per quello che può valere in questi mondi – il 72% degli appassionati di pipe comunque tende a preferire whisky irlandese, che sembra reggere bene senza strafare vicino alle aromaticità delle miscele inglesi. Le possibilità non mancano; il punto è non affidarsi al puro caso.
Quando il tabacco incontra cocktail e alternative analcoliche
Sì, non si tratta solo di abbinare ai distillati, e da qualche tempo in Italia si nota una certa voglia di sperimentare. Birre artigianali, qualche spumante non troppo asciutto, Marsala, Porto: tutte strade che incuriosiscono chi magari ne ha abbastanza delle scelte più ovvie. In alcuni locali a Milano, addirittura, si trovano cocktail pensati apposta per esaltare sentori speziati e toni vanigliati tipici dei sigari premium. Così dicono alcune selezioni – tipo quella pubblicata da Moodique a marzo 2024 – secondo cui cocktail a base di cognac, rum scuro o whisky aiuterebbero a sostenere i sigari dalle personalità più forti, senza comunque soffocarli.
Con la pipa il discorso si complica: va bene il distillato, ma c’è chi trova una strana armonia anche con tè neri robusti, o con tisane speziate, specie nelle serate tranquille in cui l’alcol rischia solo di risultare d’impiccio. Un 16% – quasi – degli intervistati da GustoTabacco dice di puntare direttamente sulle opzioni analcoliche, privilegiando infusi speziati e tè verdi per non sminuire l’artigianalità delle miscele scelte. Pare che la curiosità, in fondo, stia ampliando l’offerta, senza far fuori la tradizione ma nemmeno chiudendo la porta alle derive nuove – purché rimanga un senso di armonia tra struttura e profumo.
Pratiche consigliate per l’esperienza perfetta
A quanto pare, buttarsi subito sul distillato non è la mossa migliore. Moodique suggerisce di aspettare: le prime boccate di sigaro riservano dettagli sottili che rischiano di venire messi all’angolo dall’alcol, meglio prendersi un attimo e dare il giusto spazio. Idealmente, l’incontro tra il bicchiere e il tabacco dovrebbe essere una salita: entrambi crescono insieme, nessuno che forzi l’altro, ma piuttosto una specie di alleanza dove punti forti e debolezze si rincorrono senza pestarsi i piedi.
Sulla persistenza boccheggia una regola ufficiosa: la bevanda deve durare almeno quanto la fumata, non meno. Mischiare, comunque, esige un po’ di fatica: tabacchi di pipa molto aromatici vanno sorseggiati a piccoli passi, cauti, per non distruggere la trama della miscela. Con le alternative? Tè neri funzionano con tabacchi intensi, mentre infusi freschi e tè verdi riescono meglio accanto alle miscele leggere. Testare abbinamenti senza idee preconcette è il modo più onesto per scoprire accostamenti davvero sorprendenti. Fatto sta che, alla fine, nessuno vince se uno dei due – il tabacco o la bevanda – soffoca l’altro.