smoking_pipe

Della funzionalità della pipa e della sua bontà.
Un po’ di informazioni su qualità, fiammature, ammaccature, ombre, macchie, punti neri, stucchi – insomma pregi e difetti.

Fabbriche storiche insistono sulla validità del marchio; abili artigiani esaltano la fantastica perfezione delle loro creazioni; negozi specializzati dimostrano ogni giorno di conoscere a fondo la materia (altrimenti che razza di specializzazione avrebbero?).
Gli appassionati, i fumatori, alla fine di questo bombardamento mediatico, informativo e oggi anche informatico, si sentono addosso tutta la responsabilità di fare scelte consapevoli ma anche la paura di sbagliare, investendo risorse finanziarie non indifferenti.
Ma i risultati corrispondono sempre alle premesse e alle aspettative?
Vediamo di fare un po’ di chiarezza partendo dall’inizio.

La “radica” (intesa come radice dell’essenza denominata Erica Arborea) è a tutti gli effetti una radice, anche se assume una forma tondeggiante mentre cresce (simile ad una zucca) appena sotto il livello del terreno. Dallo stesso, col tempo, assume una varietà di sali minerali, ossidi, acidi e tannini, ciò che gli conferisce un’ottima refrattarietà al fuoco.
La contropartita è che queste sostanze, insieme ad altri umori del terreno ed alla linfa di crescita della pianta stessa, devono essere depurati prima della lavorazione, affinché il legno ne risulti addolcito e quantomeno il più possibile “neutro”, per non influenzare più del necessario l’aroma del tabacco (un po’ come la botte di rovere col buon vino).

Per questo, dopo un lavaggio dei residui del terreno, il ciocco di radica deve essere affinato con taglio appropriato, bollitura, stagionatura, essiccazione, individuazione della scelta qualitativa.
Il tutto, vi posso assicurare, è un procedimento faticoso e lungo, ma che soprattutto presuppone una grande esperienza, appannaggio di veri maestri sempre più vecchi e più rari. Se qualche regola di questo “disciplinare” viene saltata, il pezzo di radica (e la pipa che se ne trarrà) possono risultarne guasti, amari, cattivi al fumo.
Crescendo, in questo ciocco di radica vengono inevitabilmente incorporati degli intrusi, come calcare, sassolini ecc…, corpi estranei che producono marcescenze o piccole carie. L’abilità dell’artigiano è chiamata ad eliminare il più possibile queste imperfezioni che si manifestano sia durante i primi lavori di sbozzatura, che durante le successive operazioni di rifinitura, lucidatura, colorazione o ceratura del legno.
Proprio come fa un dentista, queste carie vanno pulite e i buchi riempiti con stucco appropriato (il migliore è composto da colle derivate dalla pelle di pescecane, con polvere d’alabastro talcata, amalgama e colorante): è così che un originario difetto (che essendo naturale è pur ammissibile) viene corretto.
Non demonizziamo dunque il famigerato puntino di stucco: si dovessero utilizzare solo i ciocchi perfetti, le pipe sarebbero una rarità, a prezzi da sceicchi!

La “stuccatura” non pregiudica né la qualità del fumo (merito del buon tabacco e dell’abilità del fumatore), né la funzionalità della pipa (assicurata dalla professionalità dell’artigiano che ha prodotto quel pezzo). Su questo argomento sfido qualunque esperienza a sostenere l’opposto.

Abbiamo dunque capito che la radica non è un pezzo di legno qualsiasi, ma che per diventare pipa di pregio e di sapore gradevole deve seguire una lunga strada, sottoponendosi a un insieme di lavorazioni (oggi si direbbe “disciplinare”) derivate dall’esperienza e dalla “sapienza” di generazioni.

La prima e più importante è la “cavatura” del ciocco, che deve avvenire solo quando la pianta è a riposo (da ottobre a marzo). Altrimenti l’albero dell’Erica Arborea (come tutte le piante) vegeta, è ricco di linfa e in fiore (nel gergo forestale si dice che è “in amore”): in pratica sta arricchendosi di quell’umore amaro che produce quel cattivo gusto sperimentato dai fumatori in certe pipe, quasi impossibile da eliminare. Oggi, solo qualche piccolo o coscienzioso produttore di radiche riesce a rispettare questo calendario alternato: in inverno “cava” il materiale che d’estate poi prepara, stagiona e commercializza.
La seconda regola determinante è la bollitura, per stabilizzare e depurare il pezzo di radica, a questo punto già diventato “abbozzo”.

ciocchi_radicaIl Varesotto è stato il più importante distretto della pipa (assieme alla zona di St. Claude nel Jura Francese) con circa quaranta fabbriche, tra grosse e piccole, oltre l’indotto che ne seguiva. Ricordo un bellissimo articolo su un quotidiano nazionale che commentava: mezzo mondo fuma in italiano.
Oggi il volume di queste attività si è ridotto di dieci volte, è sopravvissuto solo un fabbricante di bocchini di ebanite e due sono i produttori di bocchini di metacrilato – del corno non si ricorda più nessuno.

Ebbene, c’è ancora qualche vecchio operaio che si ricorda della bollitura della radica, che doveva durare almeno 24 ore (!), sempre la stessa acqua, che si aggiungeva man mano che si consumava. Quel liquido denso era rosso come sangue – e questo fatto aveva un valore simbolico.
Oggi questa operazione si esaurisce in poche ore.
Solo in Sardegna un mio amico e collaboratore, che ha imparato dai “vecchi” e che oggi è da considerarsi un vero esperto, supera le 12/15 ore di bollitura, mentre le successive affinatura, asciugatura e stagionatura arrivano a 2 anni!
Molti marchi famosi, anche stranieri e “blasonati”, si affidano ormai ad un ciclo di tipo industriale: acquistano radiche sostanzialmente “verdi” o crude e – con un trattamento di pochi mesi ad aria forzata – cercano di ottenere gli stessi risultati di un tempo.
Hanno ridotto scorte ed evitato immobilizzi di capitale, ma quando gli scarti (spaccature nel legno già nel magazzino-essiccatoio) fino al 30% e oltre, “si mangiano” il risparmio iniziale, ecco che ci si chiede se ne vale la pena. A maggior ragione se teniamo presente che la pipa, una volta terminata, potrebbe non corrispondere alle aspettative di gusto.
Ecco anche spiegato perché molte marche (vedi specialmente produttori del Nord Europa) sono “obbligate” a trattare l’interno del fornello con sostanze (pre-fumaggio a base di polvere di carboncino vegetale o simili) che, se da un lato facilitano il rodaggio della pipa, nel contempo mettono al riparo il produttore dal rischio di gravi danni al fornello, come fessurazioni, surriscaldamenti o addirittura bruciature.

Fonte: Paronelli

smoking_pipe