L’industria del tabacco è un gigante economico globale che, nonostante gli oltre 8 milioni di decessi annuali a livello mondiale, continua a prosperare. Queste multinazionali non si limitano a produrre, ma tessono una complessa rete di influenze che penetra nella ricerca scientifica, nella politica, nel diritto, nello sport, nell’istruzione e nei media. Comprendere queste tattiche è cruciale per smascherare le loro operazioni. Un articolo scientifico, basato su anni di ricerche e documenti interni esaminati dal Tobacco Control Working Group della Federazione mondiale delle associazioni di sanità pubblica (WFPHA), ha identificato sette strategie principali per mantenere il controllo del mercato e ostacolare le politiche di controllo. Parallelamente, l’industria diffonde disinformazione sui nuovi prodotti a tabacco riscaldato (HTP).
Ecco le principali tattiche di Big Tobacco e la verità dietro le loro affermazioni sui prodotti a tabacco riscaldato:
Riduzione del danno: Il Cavallo di Troia.
Di fronte al calo delle vendite, l’industria promuove nuovi prodotti (sigarette elettroniche, HTP, sacchetti di nicotina) come “meno nocivi” o strumenti per smettere. Questa affermazione, priva di prove scientifiche indipendenti, consente di aprire nuovi mercati, migliorare l’immagine e deviare l’attenzione dalle misure di controllo efficaci. L’Italia, ad esempio, ha appoggiato questa strategia con sconti fiscali e pubblicità, portando a un aumento dell’uso di e-cig tra i giovani e all’arresto del calo dei fumatori tradizionali. La promessa si rivela un’illusione, come già accaduto con i filtri che, oltre a non ridurre i danni, hanno aggiunto inquinamento da microplastiche.
Infiltrazione nella Ricerca Scientifica per Seminare il Dubbio.
Big Tobacco finanzia la ricerca per mettere in discussione le prove sui danni del tabacco o attribuire la colpa ad altre cause. Per i nuovi prodotti, finanziano scienziati, riviste e università per produrre ricerche favorevoli, mirando a ingannare e creare una letteratura che contraddica quella indipendente. Il Centro Cohear dell’Università di Catania, finanziato da Philip Morris, promuove attivamente questi prodotti e critica l’OMS. Il 95% degli studi indipendenti ha identificato danni da e-cig, contro solo il 7,7% di quelli finanziati dall’industria.
Lobbying: Influenzare i Legislatori.
L’industria fa pressione sui politici tramite donazioni, promesse di investimenti o minacce di ritiro del sostegno economico. In Italia, Philip Morris (fabbrica iQOS a Crespellano) e British American Tobacco (fabbrica sacchetti di nicotina a Trieste) hanno ricevuto sostegno governativo. Il Parlamento italiano ha sistematicamente bocciato l’abolizione degli sconti fiscali sui nuovi prodotti. Il fenomeno della “porta girevole” (ex politici assunti dall’industria) crea conflitti di interesse istituzionalizzati, garantendo accesso privilegiato ai processi legislativi. Ciò ha portato in Italia alla classificazione dei nuovi prodotti come “non da fumo,” sottraendoli a legislazioni più stringenti.
Pubblicità, Promozione e Sponsorizzazione – Il Canto delle Sirene.
Nonostante le restrizioni della Convenzione Quadro per il Controllo del Tabacco (FCTC), Big Tobacco trova nuove vie. Il marketing è spesso mirato ai giovani con pubblicità nei punti vendita, promozioni online e social media. Strategie specifiche attraggono le donne, evocando eleganza. Le sponsorizzazioni riemergono in eventi sportivi (Formula 1) o iniziative di beneficenza per associare il marchio a valori positivi. Gli incentivi per i rivenditori garantiscono posizionamento privilegiato e promozioni, influenzando le scelte d’acquisto.
Gruppi di Facciata – Mascherare l’Interesse Privato.
L’industria finanzia o crea organizzazioni con legami nascosti per dare l’illusione di un ampio sostegno pubblico per le sue posizioni (es. deregolamentazione o opposizione alle tasse). Questi gruppi agiscono su più fronti, influenzando leader e pubblico, spesso simulando di rappresentare “diritti dei fumatori” per minare le politiche di controllo e seminare il dubbio.
Manipolazione dei Media.
Storicamente, l’industria ha usato i media per promuovere sigarette e seminare dubbi sui loro danni. Oggi, con divieti pubblicitari, le tattiche sono più sottili: sponsorizzare la formazione di giornalisti, usare attività di “responsabilità sociale d’impresa” (CSR) per migliorare l’immagine e pagare influencer sui social media per promuovere e-cig, aggirando i controlli e raggiungendo i giovani.
Sfide Legali – Ostacolare e Ritardare.
Big Tobacco usa il sistema legale per attaccare sistematicamente le misure di controllo dei governi (tasse, campagne, divieti, packaging anonimo). L’argomentazione ricorrente è che, essendo i prodotti legali, le restrizioni violerebbero accordi commerciali o leggi sulla proprietà intellettuale. Anche senza vincere le cause, l’atto stesso di intentare azioni legali lunghe e costose ritarda l’implementazione delle leggi, prosciuga le risorse e crea un “effetto deterrente” per scoraggiare altri governi, traducendosi in profitti continui.
La Verità Nascosta e i Miti sul Tabacco Riscaldato:
Esperti indipendenti e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) concordano: i prodotti a tabacco riscaldato rappresentano un rischio per la salute e un freno alla lotta contro il tabagismo. Nonostante ciò, l’industria sostiene il contrario.
PMI afferma che il consumo tra i giovani è basso, con valori “a una cifra”. Tuttavia, dati OMS (Global Youth Tobacco Survey – GYTS) mostrano stime quasi sempre a due cifre per 13-15enni in paesi come Italia (14%), Polonia (10%), Repubblica Ceca (11%) e Bulgaria (21%), contraddicendo PMI.
Riguardo all’affermazione che l’82% degli utenti ha più di 29 anni, i dati aggiornati dimostrano il falso. Una revisione scientifica indica che i consumatori più frequenti di tabacco riscaldato hanno meno di 40 anni. I dati italiani del 2024 mostrano che il 68% (non l’82%) ha più di 29 anni, con quasi un terzo tra i 15 e i 30 anni, e il 75% ha meno di 50 anni.
PMI sostiene che i consumatori duali sono pochi, con il 72% degli utilizzatori di IQOS che ha smesso di fumare sigarette. Questa è un’altra affermazione falsa, poiché una meta-analisi di 26 studi ha rilevato che il 68% dei consumatori di tabacco riscaldato è anche fumatore di sigarette tradizionali (consumo duale).
L’idea che il tabacco riscaldato aiuti a smettere di fumare è stata definita “inaffidabile” da PMI rispetto a studi italiani. Al contrario, la letteratura indipendente mostra che l’uso di tabacco riscaldato riduce del 17% la probabilità di smettere per i fumatori. Per i non fumatori, aumenta di sei volte la probabilità di iniziare a fumare e, per gli ex-fumatori, triplica il rischio di ricominciare. Studi giapponesi confermano tassi di cessazione inferiori e un rischio 10 volte più alto per i non fumatori di passare alle sigarette tradizionali.
Infine, l’affermazione che il passaggio al tabacco riscaldato possa giovare a persone con problematiche specifiche è falsa e non indipendente. Gli studi a sostegno di questa tesi sono spesso sostenuti da ricercatori con legami finanziari diretti con l’industria (es. il fondatore del CoEHAR, finanziato da PMI). Gli effetti a lungo termine non sono ancora noti, e gli esperti indipendenti non supportano tali affermazioni.
L’industria del tabacco, in particolare PMI, continua a diffondere disinformazione con argomentazioni false e dati non pubblicati. Nonostante le aziende dichiarino di voler prevenire l’uso da parte dei minori, in Italia i controlli sulla vendita sono insufficienti, con quasi 3 minori su 4 che acquistano prodotti senza essere rifiutati. La consapevolezza è l’arma più potente per riconoscere le manovre dell’industria e difendere le misure di controllo del tabacco. Solo attraverso vigilanza, informazioni accurate e azione coordinata si potrà contrastare la sua influenza e lavorare per un futuro libero dal tabacco.