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Come degustare un dram di whisky: l’olfatto

Mentre per il colore l’analisi è abbastanza semplice ed obiettiva, l’analisi olfattiva è più tecnica e subordinata alla nostra memoria. L’uomo, contrariamente agli altri animali, si è un po’ dimenticato dell’olfatto, assegnando al senso della vista un’importanza sicuramente troppo elevata. Di fronte ad una portata di cibo ci limitiamo a valutare se il piatto è bello, se si presenta bene, e poi assaggiamo in bocca (gusto). Difficilmente si va a mettere il naso sul piatto o sul singolo boccone, cosa che addirittura viene considerata offensiva, quasi una denuncia di presenza di cattivi aromi, di difetti.

Un buon degustatore non è una persona che ha assaggiato migliaia di campioni di whisky, ma una persona che possiede una memoria olfattiva molto ampia, che sa distinguere tra centinaia di differenti aromi e sa associare ad ognuno di questi un nome: un frutto, un fiore, una sostanza chimica. Ed è difficile ipotizzare che tale memoria possa essere creata andando a leggere libri. Bisogna fare pratica ed imparare – giorno dopo giorno – a memorizzare i profumi.
Nel mondo di oggi, con la gran parte della nostra vita passata in una grigia città, i profumi sono quasi spariti. Non ci accolgono spontaneamente in ogni momento della giornata – cosa che succede quando decidiamo di fare una gita in campagna – ma bisogna andare a cercarli. Non ci dobbiamo quindi stupire se il progressivo mancato utilizzo dell’olfatto ha portato il genere umano ad avere un quarto di recettori olfattivi rispetto ai miei due cocker spaniel.

L’olfatto

L’analisi olfattiva deve essere fatta in un locale neutro, senza odori o profumi di ambiente che disturbino la nostra analisi. Ovviamente non si può infilare subito il naso dentro il bicchiere di whisky. La forte presenza di alcool lo anestetizzerebbe, provocandone il blackout per una decina di minuti. Se ciò dovesse accadere è inutile continuare ad annusare alla ricerca di ciò che non possiamo più percepire, è meglio fare due passi all’aperto.

È necessario quindi utilizzare un approccio progressivo, avvicinando il nostro naso al bordo del bicchiere giusto per una sniffata, allontanandolo immediatamente e tornandoci sopra alternando una narice con l’altra. E ad ogni sniffata tentare di individuare un nuovo profumo.

Durante questa attività abbiamo un partner molto importante che può agevolare il nostro lavoro. Il bicchiere, con la sua forma può aiutare od ostacolare la fuoriuscita dei profumi. Il classico bicchiere quadrato utilizzato nei film e nelle pubblicità (il tumbler) è quanto di più sbagliato si possa immaginare per l’analisi olfattiva. È troppo grande, è stato progettato con una bocca ampia per poter essere caricato di ghiaccio e non per agevolare la concentrazione dei profumi. Il bicchiere che si usa ha una forma a tulipano, come il bicchiere di Whisky Club Italia.

A proposito del ghiaccio, il whisky deve essere servito a temperatura ambiente.

Una temperatura troppo fredda provocherebbe una diminuzione del rilascio dei profumi ed una conseguente maggiore difficoltà nella loro individuazione. E non bisogna avere fretta. Un whisky, specie se vecchio e complesso, evolve nel tempo. Appena versato nel bicchiere rilascia i profumi più potenti che pian piano vengono sostituiti da profumi secondari sempre più complessi. Per velocizzare questo procedimento di solito viene consigliato di aggiungere qualche goccia di acqua, davvero cinque o sei gocce e non di più, magari aiutandosi con una pipetta contagocce. L’acqua aggiunta entra in reazione con gli oli contenuti nel whisky e provoca un minimo innalzamento della temperatura, con conseguente rilascio accelerato dei profumi.

Cosa possiamo annusare in un bicchiere di whisky? Semplificando, possiamo affermare che:

  1. I whisky maturati in botti ex-bourbon in genere hanno profumi di frutta gialla (mela, pera), di frutta tropicale (ananas) e di vaniglia.
  2. I whisky maturati in botti ex-sherry rilasciano profumi di frutta rossa (ciliegia), di uvetta passa, di spezia (pepe, cannella) e di frutta secca.
  3. I whisky maturati o finiti in botti ex-vino hanno profumi vinosi molto variegati; sono stati fatti affinamenti in porto, pinot nero, barolo, sauternes, ecc – ognuno con un contributo ovviamente diverso.
  4. I whisky giovani in genere hanno un importante profumo di malto, sono scontrosi e svelano tutto subito alla prima sniffata.
  5. I whisky più affinati in genere evolvono nel bicchiere, la componente di malto viene negli anni progressivamente sostituita dagli aromi del legno, e in genere sono più tenui e complessi, più orizzontali.

Sin qui ho volutamente tralasciato la categoria dei whisky torbati, per cui è necessario fare un discorso a parte. I whisky torbati in genere sono accompagnati da una componente marina molto marcata. In genere sono whisky maturati in botti ex-bourbon, perché le durezze introdotte dall’affumicato difficilmente si sposano con altrettante durezze portate dalla spezia delle botti ex-sherry. Quindi alle componenti di frutta gialla, frutta tropicale e vaniglia, si sommano la componente fumosa della torba, dell’alga, della brezza marina, del pesce sotto sale. Oltre a profumi medicinali, di canfora e di iodio.

La torba, il cui aroma è difficile da spiegare in queste righe, è un profumo secco e affumicato con note verdi, vegetali. Marca molto il profumo del whisky, anche se presente in piccola quantità. Il nostro naso ed il nostro cervello hanno imparato a rilevare i profumi che ci interessano (come il dolce della frutta) con un livello di soglia medio e con una sensibilità molto fine. Invece si comporta in modo diverso per quei profumi considerati non piacevoli o come campanelli di allarme. L’affumicato della torba viene rilevato con un livello di soglia molto basso (anche poche tracce di torba vengono immediatamente identificate) e con una grossolana sensibilità (una volta identificato il campanello di allarme poco importa capire quanto ce ne è).

Osservo anche come l’aroma della torba, molto intenso in uno spirito giovane, vada via via svanendo man mano che il whisky invecchia, sino a quasi sparire nei whisky che hanno passato 25-30 anni e più in botte.