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LA DODICESIMA PIPA 
 

CAPITOLO II 

 

Lavorava al tornio, ad osservarlo sembrava un chirurgo impegnato in una delicatissima operazione. Stava ultimando una bellissima Poker, con una bellissima fiamma. Ancora un’ora e avrebbe ultimato, mancava la lucidatura.

Doveva, per fine mese, tirare fuori una dozzina di pipe, della stessa serie della Billiard fatta un mese prima e che aveva battezzato “White Light”, per alcuni soci di un gruppo ormai molto affermato sul web, gli “Amanti della Pipa”. 

Quella pipa con quell’inserto bianchissimo, con quel candore e quella lucentezza straordinaria, aveva incontrato molti favori, con radiche belle fiammate, chiare e ben lucidate.

Stavano venendo fuori dei piccoli capolavori. Il laboratorio aveva preso vita, materiale sparso dappertutto, plateau tagliati e poi scartati, ebanite tagliata in stecche di circa 6 centimetri e quello strano materiale biancastro… negli ultimi giorni molti erano stati i clienti e gli artigiani che volevano carpire di quella straordinaria lucentezza dell’inserto tra bocchino e cannello.

Tra questi ultimi vari eccellenti artigiani: Mirco Moretti, Mimmo Provenzano, Giacomo Mora, Maurizio Biferali… entrati ed usciti dal laboratorio con la certezza, inconsapevole, che quelle pipe e quell’artigiano non avrebbero avuto un gran futuro.

In precedenza, prima di creare le “white light”, un solo un visitatore era riuscito a vederlo all’opera. Visitatore che disse chiaramente di non essere un pipemaker perchè, dopo essersi dilettato con scarso successo nella creazione di una sola pipa, si era rassegnato all’idea di essere più bravo a fumare che a creare. Un visitatore troppo curioso per i suoi gusti, un certo Agostino. Un rompiballe penso tra sé il nostro artigiano. Gli rifilò qualche balla e gli regalò una delle sue precedenti creazioni, una Dublino Barktop sul quale non aveva inciso il suo marchio.

 

 

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