Era appena salita in auto e già le facevo una testa tanto. Ma io sono così. Se non racconto ciò che amo, quello che mi lega alla mia terra, è come se non rivelassi niente di me. Come se giocassi ad occhi bendati. Con due giocatori: io e lei. Dunque, chiarezza, e subito.
Chi sono, che faccio, il mio mondo. Ecco, il mio mondo. Oggi piccolo, ieri molto più ampio, oggi chiuso in un’area ristretta, ieri molto più grande. Ma questo è. Primo appuntamento. Di lavoro, ci siamo detti. Ok. E ci vai con il solito fremito, quello del diciottenne. Però l’età ti ha insegnato che l’emozione va frenata. Eppure, le gote si imporporano quando scende all’auto. Perché dietro ad ogni donna c’è una novità. Solo un imprevisto, scriveva Montale, potrà salvarci. Già: solo un imprevisto, cioè una novità. Salvarci da che? Dall’usuale, dal consueto, dalla routine. Ossigeno, insomma. Poi l’età ti insegna anche dell’altro. L’orario, ad esempio. Cioè: la puntualità. Consiglio non richiesto ma utile: abbonda sempre sulla promessa fatta. “Ore 15”, ha scritto? Mettici altri venti minuti e sei più tranquillo.
Allora…Rinaldo, Querciabella…il discorso decolla subito, come vecchi amici. Mi hanno insegnato: mai recarsi ad un incontro senza un dono. Bene: stavolta porto il mio vecchio libro, quello scritto a più mani con Luca e Cesare ed altri amici, eppoi l’ultima rivista del Club e il quarto numero della mia. “Vedi, quella è la finestra da dove mio fratello srotola l’emblema di famiglia quando siamo tutti insieme”. Indico il punto del palazzetto paterno come a visualizzare ciò che più tardi, forse, leggerà. Ci sono progetti in corso, possibilità di lavoro insieme. Solo questo? Per ora sì… Il teatro la sorprende. Immaginava una cosa da piccolo borgo, trova uno stabile di alto livello. Platea accogliente, palchi suggestivi. Ma più di tutto le piace il loggione. I nostri artigiani e il popolo lo chiamavano “piccionaia”.
Siamo arrivati fin lassù, prendiamo posto sugli alti sgabelli. Ciondolo le braccia in avanti. Libero. Lei è stupita del corridoio ampio e mezzo ovale. Potrebbe organizzarci un matrimonio o comunque un ricevimento in pompa magna. Ne sarebbe capace. Sicuramente. Si sta bene. “E’ un bel pomeriggio, con una bella compagnia”, le scriverò più tardi. Si parla, delle proprie case, dei propri trascorsi, io dei figli, lei del lavoro, ad Ascoli prima a Roma poi.
Scommetto che verrebbe a vivere quaggiù!
“Se potessi verrei di casa qua”. Visto? L’ha detto. Lo supponevo. La guardo. E’ diversa da una mezz’ora fa. E’ avvezza a star tra la gente. Figurati: il suo lavoro… Però un attimo d’incertezza l’ho colto quand’è salito in macchina. Ora no. Ora è a suo agio. Completamente. Si apre, per quel che può aprirsi: fattoria, lavoro, ambiente, progetti, cultura, politica. Si parla di tutto. L’ora preventivata è superata abbondantemente. E’ tempo di tornare. Prima di scendere al parcheggio, la conduco in piazza. Le racconto di una storia quasi da film, vera in parte, verosimile per il resto. Un Caffè che non è più un caffè, una finestra rimasta chiusa per anni, un tavolino con sedie che non esiste più, ed ancora un volto, di una giovanissima incontrata un tempo e di un’adulta ritrovata più tardi. Una storia, insomma. Da film, dicevo. Gliene parlo, chissà perché. L’ho capito oggi. Lei portava i jeans e la camicetta bianca slacciata sul davanti. Lei di oggi e l’altra di ieri. Diverse per tutto il resto. Coincidenza non casuale, però. Ed io che medito e rifletto. Potevo scrivere di più, l’immaginazione galoppa, ma le praterie potevano farsi impervie….in questa prima fase.
Il ritorno di un fantasma? No: una novità. Cioè un imprevisto, cioè…una novità.