capuano maurizio pipa

Non so bene per quale motivo, circa diciassette anni fa, presi in mano una delle pipe di mio nonno e iniziai a fumarla. Era il 1998: avevo quindici anni, fumavo sigarette e pure qualche toscano. Trovai tre o quattro pipe in un cassetto a casa di mia nonna: un paio di queste, tutto sommato, mi parevano messe benino. Non che fossi poi cosí sveglio: semplicemente erano le uniche due a non avere il cannello rotto o vistosamente crepato, pur portando i segni di un uso non proprio accorto. Non ricordo di preciso come ovviai alle problematiche di pulizia e riassetto di quelle povere pipe: probabilmente grattai semplicemente via la crosta col curapipe e attaccai a fumare. Non sapevo nulla di nulla, non avevo idea di come caricare o quanto pressare il tabacco, di come gestire la combustione, né se aspirare o meno il fumo. Quando ripenso a quel periodo, mi rendo conto di come fosse tutt’altra epoca rispetto a oggi e mi accorgo una volta di piú di quanto il web abbia mutato le nostre vite: oggigiorno é semplice per chiunque informarsi e apprendere i primi rudimenti di questa come di qualsiasi altra arte, ma allora non lo era affatto. Tranne pochi fortunati, quasi nessuno aveva accesso alla rete e le vie percorribili non erano molte: si poteva imparare da altri fumatori oppure trovare risposte nei libri, cercandoli in libreria o nelle biblioteche. Purtroppo, mio nonno era morto da una decina d’anni e non conoscevo nessun altro che fumasse la pipa: i libri, d’altro canto, erano costosi per me, né ricordo di aver mai tentato di procurarmene uno. Avrei anche potuto rivolgermi a un tabaccaio esperto, ma vivevo in periferia, i grandi templi del fumo mi erano del tutto sconosciuti e, comunque, sarebbero stati troppo distanti visto che a Torino non c’era ancora la Metropolitana.

Rimaneva una sola strada: arrangiarsi. 

D’altro canto, non ero messo poi cosí male: mio nonno mi aveva lasciato in ereditá un paio di pipe decenti, seppur di marca sconosciuta, un po’ di curapipe e persino una decina di confezioni di tabacco, tutto sommato abbastanza ben messe. Non ricordo con precisione la mia prima fumata, ma sono certo di aver caricato dell’Amsterdamer. Mio nonno era un fumatore da due pacchetti di MS al giorno, di certo non un fine degustatore: credo fumasse la pipa solo in talune e rare occasioni, ma di certo i suoi gusti in fatto di tabacchi non erano particolarmente raffinati. Oltre a una buona scorta di Amsterdamer, ricordo solo un paio di buste di Clan e una latta di Dunhill Standard Mixture, aperta: quest’ultimo non doveva essergli piaciuto particolarmente, giacché dalla tin mancava probabilmente solo una carica. Quanto a me, non ricordo neppure di averlo fumato. In ogni modo, presi a dedicarmi alla pipa tornato da scuola: ne caricavo una delle due seduto sul divano e mi mettevo tutto serio a fumare, suscitando peraltro l’ilaritá di mia nonna, lieta di risentire il profumo di quei tabacchi, ma altrettanto divertita dal vedere un quindicenne con la pipa in bocca. Io non so bene perché lo facessi: sembra incredibile anche a me, ma mi pareva una cosa del tutto naturale. Beata ignoranza, non ritenevo di avere alcuna difficoltá nel fumare la pipa: prendevo il tabacco, lo schiaffavo nel fornello come veniva, accendevo e fumavo, aspirando tutto, ma proprio tutto, il fumo che producevo. Incurante del calore del fornello, risolvevo il problema impugnando il cannello: fortuna volle che mio nonno, magari raffinato quanto me, avesse scelto pipe piuttosto lunghe che permettevano al fumo di raffreddarsi un minimo… Il mio stile di fumo era a dir poco agghiacciante. La cosa peggiore che facevo i primissimi tempi era rimescolare, per chissá quale motivo, il contenuto del fornello a metá fumata, adoperando la punta del curapipe, per poi pressare il tutto e riaccendere… Smisi dopo poco tempo con questa pratica: semplicemente mi stufai di ingurgitare cenere. In effetti, pian piano imparai a fumare in modo decente e, soprattutto, compresi che il fumo di pipa, come quello di sigaro, non andava respirato, o perlomeno non tutto. Fu grazie al Clan… Quand’ebbi terminato la scorta di Amsterdamer, infatti, attaccai le due buste di tabacco olandese: al primo tentativo di aspirazione, il fumo mi aggredí la gola in modo cosí violento da farmi desistere dal mio proposito. Se l’Amsterdamer mi donava fumate dolci, ma abbastanza sigarettose, il Clan era molto piú aromatico, aggressivo in bocca e, soprattutto, in gola. Quel tabaccaccio, in fin dei conti, fu quello che mi insegnó a fumare la pipa: non si lasciava piú aspirare come una sigaretta senza cartina…

Pur non dedicandomi alla pipa molto assiduamente, a un certo punto finii le scorte lasciatemi in ereditá: dopo all’incirca un mezzo chilo di tabacco fumato, senza peraltro aver mai usato uno scovolino, mi si presentó il problema di doverne acquistare di nuovo. Mi recai fiducioso dal tabaccaio da cui ero solito rifornirmi di toscani: un vero specialista… Poteva darmi qualsiasi tabacco, ma optó per il peggiore: mi volle vendere il trinciato West, da rollo. In quell’occasione, lo ricordo bene, venni anche a conoscenza dell’esistenza degli scovolini. Mi chiedo talvolta se mio nonno li usasse, visto che tra le sue cose non ce n’era manco l’ombra. Insomma, quel tabaccaio disgraziato non capiva nulla di tabacco, ma qualcosa sulla pipa piú di me sapeva, in fin dei conti… Ricordo con un sorriso la mia reazione disgustata quando passai per la prima volta uno scovolino bagnato di grappa (alla ruta) nella canadese che fumavo di piú: all’interno del cannello, com’é facile intuire, c’era una quantitá di catrame (non saprei proprio come altro definirlo) imbarazzante. Non so per quanto tempo continuai col West (sempre da rollo), ma dev’essere stato per parecchio: a pensarci ora, non mi stupisco di aver a lungo preferito sigarette e toscani. Nondimeno, imparai senz’altro a gestire i tabacchi di taglio fine, o molto fine.

Solo tempo dopo passai al trinciato Forte.

Nel frattempo, peró, non ero piú solo: un caro amico, parallelamente, aveva cominciato a giocherellare con le pipe di suo padre. Fu l’occasione per iniziare a fumare in giro, passeggiando, o al bar: insieme, abbiamo affumicato tanta povera gente, colpevole solo di voler bere un caffé a fianco di due diciassettenni convinti di fumare la pipa. Durante la gita scolastica del terzo anno di superiori, io e il mio compare venimmo a sapere che un altro compagno di classe, peraltro arrivato da poco, si dilettava con quel passatempo: a differenza di noi due, peró, questo ragazzo era stato istruito dal patrigno e sapeva fumare decisamente meglio di noi due. C’era un solo problema: era tutt’altro che simpatico e a malapena gli rivolgevo la parola. In ogni modo, osservandolo un po’ di sottecchi e un po’ di sbieco, riuscii a carpire alcuni trucchetti di quest’arte: compresi, per esempio, che caricavo troppo lasco e altri dettagli senz’altro utili.

Nonostante tutto, per quasi dieci anni, non avvertii l’esigenza di allargare il mio parco pipe: pur fumando abbastanza regolarmente e pur avendo compreso (finalmente) che il West non era decisamente il miglior tabacco da bruciare, la mia preferenza restava per le sigarette e i toscani. Poi, schifato dal loro scadimento qualitativo, smisi con le bionde e un paio di anni dopo, per lo stesso motivo, abbandonai anche i toscani: era arrivato il momento di dedicarmi solo alla pipa. Beh, seppur in modo piuttosto rocambolesco, ero ormai preparato per il grande salto. Avevo salutato da tempo il tabaccaio di periferia da cui mi rifornivo da ragazzino ed ero ormai affezionato cliente di esercenti specializzati, i quali si mostrarono ben contenti della mia decisione: da lí in poi la strada fu comoda e in discesa. Acquistai una pipa come si deve, poi un’altra e un’altra: in breve riempii tre rastrelliere, poi cominciai a vendere per ricomprare. Iniziai a rifornirmi all’estero e il tabacco divenne un motivo per viaggiare: Saint-Claude e Kendal sono solo due dei posti che non avrei mai visitato se non fossi stato un fumatore, ma questa é un’altra storia. Ho perso il conto dei libri che ho letto, degli argomenti che ho approfondito, delle pipe che ho comprato e rivenduto, dei fumatori che conosco o coi quali ho incrociato i fornelli, cosí come degli operatori del meraviglioso mondo del tabacco coi quali ho stretto relazioni o amicizie.

Delle due pipe con le quali ho iniziato, e che ho massacrato per tanti anni, non mi resta che la canadese: non ho piú il coraggio di provare a fumarla e probabilmente é giusto cosí.

Il mio compare di allora fuma ancora assieme a me, e non solo lui…

Il tabacco in tutte le sue forme mi accompagna sin da ragazzino: fumatore per vizio e per passione, coltivo una grande passione per la scrittura, la musica colta e la letteratura, ma anche per la birra, i whisky e tutto il resto.