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Addio al papà dei “cubani”: i suoi sigari univano Churchill, Castro e Sting

Don Alajandro Robaina aveva 91 anni. I suoi «puros», figli di una selezione di tabacchi pregiati e di metodi esclusivi di raccolta, sono diventati una leggenda in tutto il mondo. Non è diventato ricco. Madiceva: «Sono milionario. Nel senso che ho milioni di amici dappertutto…»

Era molto fumo e contemporaneamente, proprio per questo, anche tanto arrosto. Don Alejandro Robaina, il più famoso produttore di sigari cubani, è morto ieri sera nella sua fattoria della Vuelta Abajo, il paradiso in terra a Cuba per la coltivazione del tabacco: aveva 91 anni. I suoi sigari sono i preferiti da Fidel Castro, i suoi sigari sono da sempre i migliori. Sono «i» sigari, punto e basta.
A causa dei suoi «puros» prelibati e per il suo carattere tenero e dolce, Robaina era diventato amico intimo di molta gente che conta, re di Spagna compreso. Un nome che non diceva molto ma che piaceva alla gente che piace: una volta Sting scese dal palco per chiedergli un autografo. Non viceversa. Fumavano i suoi sigari Ernest Hemingway e il primo ministro britannico, Winston Churchill, che adorava farsi ritrarre durante la seconda guerra mondiale con l’immancabile «puro» sulla bocca: uno di questi fu addirittura venduto all’asta. Churchill lo aveva lasciato a metà sul portacenere per precipitarsi a una riunione quando i nazisti arrivarono a Leningrado, anno 1941. Settant’anni più tardi quel sigaro lasciato a metà fu battuto ad un’asta vicino Londra per 5.000 euro. L’aveva conservato un cameriere. Vincendo, non si sa come, la tentazione di fumarselo in santa pace.
Ma i Robaina sono stati anche la delizia dei padroni del mondo, dei presidenti degli Stati Uniti, di John Kennedy, e, in segreto da Bill Clinton, nonostante l’embargo economico di Washington su Cuba. L’uso che poi ne faceva erano affari suoi anche se poi sono diventati affari nostri. Anche Ernesto Che Guevara e Fidel Castro adoravano i Robaina. Sono passati alla storia attraverso migliaia di foto.
Robaina si è spento dopo aver lottato a lungo contro il cancro che lo stava consumando da mesi. Ha fumato i suoi sigari, seduto tranquillamente sulla veranda di casa, fino alla fine. Il 20 marzo scorso aveva festeggiato il compleanno nella fattoria di San Luis, nel cuore della regione del tabacco nella provincia occidentale di Pinar del Rio, circondato da decine di nipoti. Usava metodi esclusivi di raccolta e selezione del tabacco pregiato, è questa cura che gli ha dato fama nel mondo. «Una volta mi ha detto di essere diventato milionario… – sorride adesso il nipote preferito, Hiroshi Robaina, 34 anni, che ha preso in mano le redini dell’azienda – Cioè ho un milione di amici sparsi in tutto il mondo…» Don Alejandro aveva un gran cuore.
Robaina lavorava da quando aveva 12 anni, aveva cominciato nella piantagione che apparteneva al nonno dal 1845. Si era rifiutato però di espatriare quando nel 1959 sbarcò la rivoluzione dei «barbudos». La televisione di regime lo ha celebrato come un eroe: «É stato l’unico cubano ad avere dato, da vivo, il suo nome a una marca di sigari». Si chiamano «Don Alejandro». E sono i migliori della collezione.
«Devi amare la terra per diventare un bravo produttore di sigari – ripeteva Don Alejandro a tutti quelli che lo andavano a trovare in fattoria, semplice come lui – Il tabacco ti parla, ti dice quello di cui ha bisogno, e tu devi ascoltarlo. E io sono sicuro di aver trasmesso tutto quello che ho imparato da questo dialogo alla mia famiglia». Se ne è andato come un mago, avvolto in una nuvola di fumo: «Tutto resterà come è sempre stato, nulla potrà cambiare i miei sigari. Così ora ogni attimo è buono perchè possa andarmene: io sono felice». Hasta la victoria, Don Alejandro.


19 aprile 2010 “il Giornale”