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Vorrei rivolgermi soprattutto a quanti si sono da poco iniziati alla pipa.
Io la fumo da quarant’anni: credo di poter dare qualche buon suggerimento a chi è meno esperto di me.

Vorrei parlare di tabacco o, per meglio dire, dell’atteggiamento che ritengo si dovrebbe avere per arrivare a degustarlo appieno.
Lascio volutamente da parte ogni discorso relativo alla conduzione della fumata, dandola per scontata: parto cioè dall’assunto che il fumatore, per quanto novizio, abbia già superato le iniziali difficoltà tecniche.
Allora, concentriamoci sul tabacco.

Una delle domande più frequenti che il principiante pone è: “Qual è il tabacco migliore per iniziare?”.
Io direi che non esiste qualcosa come il “tabacco per principianti”. Invece esiste del tabacco che piace, come esiste del tabacco che non piace. Si tratta semplicemente di provarne vari tipi, nel tempo, senza foga.

Ed eccoci al punto chiave, quello che maggiormente mi preme portare in evidenza: come atteggiarsi verso un tabacco che si sta per provare per la prima volta?
L’imminenza di una nuova esperienza porta con sé, quasi sempre, emozioni e aspettative.
Ecco, proprio queste emozioni, proprio queste aspettative, possono di per sé rendere esaltante o deludente la nostra prima esperienza con quel tabacco.
Così, anche dopo una sola fumata, capita che siamo inclini ad osannare tale tabacco o a denigrarlo come la peggiore delle miscele.
Ebbene, io invito a diffidare di queste prime impressioni. Infatti il più delle volte sono spurie, cioè troppo influenzate dalle nostre iniziali attese.

Va da sé che se fin dalle prime boccate il tabacco in prova proprio non ci piace, non c’è motivo di continuare a fumarlo: abbandoniamolo e basta.
Ma se invece quel tabacco ci piace o, almeno, se rientra nella nostra tollerabilità, dovremmo cercare di conoscerlo quanto più approfonditamente possibile. Come? Fumandolo più volte, con varie pipe, in orari diversi, al chiuso e all’aperto, eccetera.

Abbiamo a disposizione l’intera confezione per “stare a sentire” che cosa quel tabacco “ha da dire”. Questo, ne sono convinto, è l’atteggiamento più proficuo quando si esplora un nuovo tabacco: è un atteggiamento come “di ascolto”.
Cerchiamo dunque di percepire, nel corso di ciascuna fumata, tutto ciò che riusciamo a percepire. Ricerchiamo ogni sfumatura di gusto e aroma: le noteremo sempre di più col ripetersi delle prove. Prestiamo attenzione a quanto i nostri sensi ci rivelano. Insomma, facciamoci la nostra personale esperienza, senza badare più di tanto a recensioni o commenti altrui.

Si noti che questo atteggiamento è diametralmente opposto ad un altro che ritengo meno appropriato benché – come da sempre constato – sia alquanto diffuso tra fumatori anche esperti. Mi riferisco a quell’approccio per cui si valuta un nuovo tabacco in base a talune personali aspettative aprioristiche.
In altre parole, viene fatto un confronto fra “come è il tabacco” e “come vorremmo che fosse”.
Questo confronto quasi sempre vede perdente il tabacco. Certo, perché è come confrontare la realtà con un ideale.

Tornando all’atteggiamento più positivo di cui parlavo, aggiungo che il medesimo ci porta non solo a conoscere, ma anche a gradire, più tipi di miscele. Ciò amplia la platea dei nostri tabacchi preferiti e, di conseguenza, abbiamo più opzioni fra cui alternare con piacevolezza.
Il tutto si traduce in maggiori soddisfazioni che ricaveremo dalla pipa, vuoi per la varietà dei tabacchi, vuoi per il piacere di ritrovare aromi e sfumature che noi stessi abbiamo di volta in volta scoperto.

In fondo, quello che conta è la pienezza dell’esperienza soggettiva: in ciò non c’è differenza fra il novizio e l’esperto.

Firma: Luigi Cosmi