Sigari e tabacco e recensioni

“Scrivere non è niente di che… basta mettersi alla macchina da scrivere e sanguinare”, sosteneva Hemingway.

Oggigiorno le macchine da scrivere sono cadute in disuso, anche se qualche nostalgico lo conosco, e forse anche sanguinare è passato di moda, ma scriviamo tutti più di quanto si facesse nel secolo scorso. Che si tratti di sms, autocertificazioni o liste della spesa, tutti scriviamo, e tanto.
Merito, o colpa, della rivoluzione digitale. Basta pensare a quanto avviene sui social, dove assistiamo a un’orgia letteraria quotidiana, sgrammaticata forse, ma di certo goffamente espressionista. E siccome verba volant scripta manent, le future generazioni avranno un bel daffare a ricostruire certe narrazioni popolari, ma sto divagando.
Qui si voleva parlare di un particolare tipo di scrittura, una scrittura del gusto in generale, di sigari e tabacco in particolare. Per cominciare, di tabacco si scrive come si è sempre scritto: Zino Davidoff scrisse Le livre du connaisseur de cigare nel 1967, Luigi Ferri ha scritto Storia del Sigaro nel 2014. E che nessuno si stupisca di questo accostamento: il lavoro di Ferri è una pietra miliare irrinunciabile per qualsiasi aficionado. Insomma, la via del libro è ancora battuta e pure io ci ho messo un po’ di catrame, partecipando a Gusto Italiano di Daniele Vallesi, prima di decidere di buttarmi sulla narrativa con Defrag, il mio primo (e forse ultimo) romanzo. E anche in questo il tabacco c’entra qualcosa, a ben pensarci.
Ma sto ancora divagando.
Il punto è che negli ultimi anni è stata la scrittura virtuale, quella sul web, la vera novità. Chiunque lo desideri e abbia un minimo di dimestichezza può aprirsi un blog e dire la sua, sul tabacco come su qualsiasi altro argomento. Lo sappiamo.

E qual è il genere di scrittura sul tabacco più diffuso? Ma è ovvio, la recensione!
Così come tanti amano dire la propria su TripAdvisor o su Amazon, in tanti amano dire la propria su quello che fumano, con tanto di voti. Ho citato i blog, ma non dimentichiamo che su forum e social network avviene lo stesso, ogni giorno.
Ora vi spiegherò come attribuire il giusto valore a quello che leggete, giacché in tanti danno voti ai sigari, ma quasi nessuno dà voti alle recensioni. In una società aperta, in cui ognuno può dire la sua senza mediazioni, è necessario costruirsi uno spirito critico.
Prima di tutto, ricordate che un recensore che prende con serietà il suo compito si cura perlomeno di scrivere in lingua italiana: le espressioni tranchant, specie non motivate, sono spia di una posizione meramente soggettiva. Se un recensore vuol essere onesto col proprio lettore deve necessariamente esplicitare il suo metodo di valutazione, che non può semplicemente coincidere coi propri (dis)gusti personali. E non parlo di semplici scale di voti, bensì di illustrare per filo e per segno i propri criteri di analisi, descrizione e giudizio.
Una recensione compiuta consta infatti di almeno tre fasi: una fase descrittiva, una fase analitica e una fase valutativa, non necessariamente in quest’ordine. Nella prima si deve dar conto delle caratteristiche organolettiche della fumata: se, ad esempio, leggete di uno che sente gli aromi in bocca invece che in retronasale abbandonate la lettura, non sa di cosa sta parlando.
Nella seconda fase si analizza il modo in cui le caratteristiche organolettiche si relazionano tra loro, mentre nella susseguente fase valutativa si fornisce un giudizio complessivo, in funzione di quanto detto.
Questo giudizio, però, deve essere formulato in base a un preciso punto di vista, che deve essere cristallino. Se stiamo fumando un toscano e lo troviamo dolce e floreale, ad esempio, qualcosa in quel toscano non va. Allo stesso modo, se stiamo fumando un avana e lo sentiamo amaro e sapido, di nuovo qualcosa non va. La prospettiva dalla quale valutiamo il prodotto è di vitale importanza e queste caratteristiche non sono positive o negative in assoluto, ma solo in relazione a ciò che stiamo fumando. Ecco perché essere grandi esperti di vino non rende automaticamente grandi esperti di whisky.

Chiaro, no? A ciascuno il suo.
Questi sono pochi spunti da cui partire per pesare una recensione, ma non scordiamo che l’ultimo e supremo giudice deve essere il nostro gusto. La qualità di una fumata può essere valutata in modo oggettivo, ma non è detto che questa poi si accordi al nostro (dis)gusto personale.
Tanto per capirci, quanti romanzi osannati dalla critica si rivelano alfine nient’altro che centoni indigeribili?

 

 

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