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nel capitolo precedente…

La dodicesima pipa

Capitolo III

 

Agostino Rapisarda, questo era il nome dell’uomo corpulento, che giaceva sul tavolo del medico legale. Il Dott. D’Amico, davanti al PM Coscio ed al Commissario Vallesi, ridacchiò mentre spiegava che, a parte la morte violenta, la vittima era fumatore di pipa, sigari, bevitore e buongustaio. “Almeno se la spassava!” – commentò il Commissario.

Il commissario Vallesi informò il Dott. Coscio che la vittima, non era del posto, di passaggio, a quanto emergeva dai controlli. In questa città ci si viene di passaggio solo se si ha un’innata insana passione per la pipa. Ad un tratto l’assistente del medico legale, il sig. Maggi che non si staccava un secondo dalla sua pipa, dopo aver sistemato tutto ed aver indossato il camice, mentre si dirigeva verso il distributore automatico per l’immancabile caffè, tirò fuori l’immancabile pipa: una Horn nuovissima, da rodare… senza marchio…

Il commissario iniziò a caricare la sua Foundation con la sua miscela personale, preparata da uno dei più grandi blender italiani, Paolo Simoni, chiamata “Manhattan sbagliato”, appena fuori (maledetto divieto di fumare!) l’accese; una signora lì accanto storse il naso e si allontanò, il commissario ghignò di soddisfazione si diresse verso il commissariato, seguito dal Dott Coscio che con il suo Antico Toscano, più scuro di una testa di moro per via dell’umidificazione spinta, che sadicamente le diede. Mentre la signora che se ne andava tossendo avvolta tra soffici volute di fumo, i dubbi iniziavano a dipanarsi.

Il Prof. Pirozzi aveva regalato all’assistente Maggi, per invogliarlo e introdurlo all’arte del lento fumo, la sua prima pipa una Brebbia degli anni 80, quando Maggi era ancora un giovane studente. Studente affascinato da quel magico oggetto che regalava tante espressioni soddisfatte al Professor Pirozzi, specie durante le interrogazioni; di un mese fa l’ultimo regalo durante l’ennesimo incontro al Salotto fumatori: quell’anonima pipa.

L’aveva acquistata da un artigiano che aveva da poco aperto il laboratorio, per poche decine di euro, quasi un biglietto da visita di questo nuovo artigiano. Donata a Maggi, suo eterno “studente”, affinchè potesse dargli un parere su quella pipa, parere che era stato decisamente entusiasta.

 

Il Salotto per fumatori, così era definito dai soci, era diventato il salotto buono della città, si direbbe quasi che il vero peccato fosse non fumare sigaro o pipa e non farne parte (ed in città tale era considerato. Tanti fumatori esperti e meno, neofiti e non, talvolta entrambi contemporaneamente) animavano le serate del Club, discussioni animate, acredini ma alla fine tutto si dissolveva, come i tanto amati anelli di fumo. L’odore che usciva dal salotto profumava sera per sera la via principale ed arrivava fino all’uscio della cattedrale, mescolandosi all’aroma di incenso, da cui talvolta non c’era poi tanta differenza.

Il Preside in pensione, il Prof. Camerino, V.I.P come piaceva definirsi, fumatore quarantennale era il presidente del Club e andava fiero di ciò che insieme ad altri collaboratori aveva creato, più di un club di fumo lento, un club della bella vita, e poi era un club titolato annoverava tra i suoi membri tre assi del fumo lento italiano: Cornelio, Fausto e Mauro. Tutti bravi ragazzi, o quasi, tolte le tante barbe bianche e l’infinita di capigliature “sale e pepe”, quasi ragazzi… Non si fidava di uno, un artigiano, sempre poco partecipe ma che teneva d’occhio tutti e tutte le pipe, certo per un pipemaker abbastanza normale, ma aveva qualcosa di inquietante.

 

[Continua nel prossimo numero…]

 

 

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